Dalle tecnologie innovative per la conversione dei rifiuti ai nuovi obiettivi sostenibili del Piano Industriale 2020-2024: oggi Acea porta avanti una precisa politica verde in grado di allineare il settore del waste alle nuove esigenze della transizione ecologica. Ce ne parla il Presidente di Acea Ambiente, Giovanni Vivarelli
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Ecomondo 2021, l’evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica e la green economy, ha chiuso i battenti. Ma non prima di aver colonizzato il quartiere fieristico di Rimini con progetti, buone pratiche e innovazioni verdi. E soprattutto con i nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa. Realtà come Acea Ambiente, controllata Acea e oggi uno dei principali player in Italia nel settore del trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti. Abbiamo incontrato il suo presidente, Giovanni Vivarelli, per conoscere le novità presentate in fiera e gli impegni sostenibili della società.
Dopo la pausa forzata dovuta alla pandemia, Ecomondo è tornata in presenza. Cosa significa per ACEA partecipare a una fiera internazionale dedicata all’innovazione tecnologica che ha nella sostenibilità un preciso punto di riferimento?
Ecomondo è la sede naturale dell’incontro e del confronto tra operatori del settore waste e gli stakeholders pubblici e privati. Acea Ambiente partecipa a questo evento dal 2015 avendo condiviso con questa rassegna, la più importante fiera a livello nazionale ed internazionale, non solo l’importanza dell’economia circolare, ma anche il rilancio della propria natura di operatore primario di questo settore, da sempre attento ai processi industriali, alle nuove tecnologie, allo sviluppo sostenibile.
Per quanto Ecomondo abbia un forte profilo commerciale, riesce a coniugare allo stesso tempo un forte indirizzo istituzionale grazie agli Stati Generali, le Call for Papers dedicate, lo stimolo rappresentato dalle numerose tavole rotonde che si tengono presso gli stand degli espositori.
Acea Ambiente rappresenta un primario player del settore waste in Italia, presente sulla filiera industriale dell’impiantistica, del trattamento, riciclo, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani ed industriali. Abbiamo una capacità di trattamento autorizzata pari a circa 2,4 milioni di tonnellate/anno distribuite in 24 impianti, 10 società, dislocate in otto differenti Regioni italiane.
Da sempre pensiamo che l’informazione ed il confronto tra operatori sia fondamentale per progredire in questo settore. Per questo alimentiamo costantemente il dibattito con le altre realtà industriali per condividere e mettere a fattore comune conoscenze e prospettive. Interagiamo con le altre multiutility, ma anche con importanti operatori privati. Abbiamo sottoscritto accordi con Enti di Ricerca, Università e startup per tracciare processi innovativi all’insegna dell’economia circolare.
Da tutto questo emerge un naturale allineamento tra quello che Acea Ambiente cerca e quello che Ecomondo offre, soprattutto nella comunione di valori e princìpi, che sono necessari per dare un segnale positivo in questo momento di auspicata ripresa e ripartenza dell’economia nazionale in ogni settore. Esserci è fondamentale, e nonostante l’adozione delle giuste misure cautelative che possono causare qualche disagio, tornare quest’anno ad Ecomondo dopo due anni di rinunce e sofferenze, credo sia stato un bel segnale per tutti.
ACEA ha sottoscritto un accordo quadro con INSTM, il Consorzio Interuniversitario per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali. Quali sono gli obiettivi dell’accordo?
L’Accordo tra ACEA e INSTM rappresenta la premessa per condividere ogni informazione e contenuto utile a presentare nuovi progetti e promuoverne di esistenti, all’insegna della sostenibilità e della transizione energetica e tecnologica. Lo stesso Jeremy Rifkin, uno dei maggiori guru tra gli economisti-ambientalisti, sostiene che le due transizioni devono viaggiare assieme. Ciò in Europa è possibile grazie a NextGenEu, il programma da circa 800 miliardi di cui l’Italia è tra i maggiori beneficiari. Accelerare le transizioni e creare una progettualità all’insegna della sostenibilità ed economia circolare, con zero impatti ambientali, escludendo lo spreco di risorse naturali: a tutto questo si ispira l’accordo quadro del quale, oltre ad Acea, fanno parte i 50 enti di ricerca dell’Istituto interuniversitario nazionale per la scienza e tutela dei materiali. Un accordo teso a corroborare nuovi procedimenti e processi industriali, l’economia circolare, il riciclo di sostanze ed il riuso escludendo ogni spreco possibile.
A Ecomondo ACEA ha presentato il nuovo brevetto GASIFORMING sviluppato in collaborazione con il Politecnico di Milano e INSTM. In cosa consiste questa nuova tecnologia?
Il processo GASIFORMING ™ permette di trasformare il mix di plastiche non più riciclabili, il così detto plasmix, in materie prime seconde come Metanolo, Acido Acetico e DME, la cui applicazione va dai carburanti avanzati per l’autotrazione, alle applicazioni di tipo industriale.
Nel solo 2019, in tutto il mondo sono state immesse in commercio quasi 370 milioni di tonnellate di materiale plastico (60 milioni solo in Europa), di cui quasi il 40% proviene dal settore degli imballaggi. L’Italia è il secondo consumatore europeo, dopo la Germania, con circa 7 milioni di tonnellate di plastiche. Ogni anno poco più della metà, pari a circa 3.6 milioni di tonnellate, è recuperata dal sistema di raccolta nazionale destinato al riciclo, mente l’altra metà finisce per alimentare il recupero energetico o finanche lo smaltimento in discarica. I centri di selezione spinta delle plastiche (CSS) riescono a suddividere circa il 50% di questo volume in monomeri da avviare al riciclo (es. PET, HDPE, LDPE, PPE, MPO, ecc..), mentre l’altro 50% è rappresentato proprio dal plasmix, cioè un materiale non ulteriormente divisibile e/o di scarsa possibilità di riciclo.
Alla luce dell’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, sta diventando invece essenziale il recupero della maggior parte della materia e dell’energia contenute nelle plastiche tradizionali, specialmente in quelle monouso che, in alcuni settori, come quello medico-chirurgico e nella società civile hanno avuto il massimo sviluppo a causa della pandemia.
Grazie al Politecnico di Milano e al Consorzio Interuniversitario per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM) si può parlare davvero di economia circolare della plastica a fine vita. I due enti hanno brevettato un processo e un apparato per la conversione di questo tipo di plastiche (plasmix).
Gasinforming™ è in grado di fornire elevate rese (superiori agli attuali impianti di pirolisi e gassificazione) e selettività, e al contempo zero emissioni, grazie all’auto-sostenibilità energetica e all’eventuale integrazione di green hydrogen, alla riconversione in situ dell’anidride carbonica e all’elevata flessibilità di esercizio che non lascia residui liquidi e solidi.
La tecnologia prevede un pretrattamento meccanico e una conversione termo-catalitica del plasmix per trasformarlo in gas di sintesi, una miscela base per le sintesi organiche, con elevato tenore d’idrogeno, mediante un proprietary equipment energeticamente intensificato ed integrato in un processo produttivo per carburanti avanzati.
È stata convalidata sperimentalmente presso i laboratori del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano mentre lo scale-up industriale è stato convalidato presso i laboratori pilota di Sotacarbo SpA di Carbonia (CI).
La concessione della licenza di esclusiva di utilizzo del processo per l’Italia è di Acea Ambiente. Questa tecnologia potrà essere utilizzata in futuro in uno dei nostri impianti in Centro Italia.
I rifiuti, e in particolar modo quelli derivati dalla plastica, sono uno dei grandi problemi con cui ci si deve confrontare. Ritiene che i progetti presentati da ACEA potranno segnare un punto di svolta nel loro trattamento, trasformando i rifiuti in risorsa? Quali risultati è ragionevole aspettarsi nel lungo periodo?
Penso proprio di sì ed il Gasiforming ne è un esempio, ma non solo. Abbiamo in Acea Ambiente la funzione R&D che insieme alla funzione di Business Development lavorano quotidianamente interfacciandosi con Università ed Enti di Ricerca, proprio in questa direzione. Fa parte della nostra visione e filosofia: il rifiuto per essere una ricchezza deve essere trattato adeguatamente, cioè deve essere trovato quel trattamento che, come una trivella per un pozzo petrolifero, consenta di estrarne il maggiore valore possibile. Il rifiuto così trattato, in modo innovativo, deve poter condurre a una materia prima seconda (MPS) o End of Waste (EoW), materie nuovamente poi immesse sul mercato.
Abbiamo diversi progetti che portiamo avanti, sempre all’insegna dell’economia circolare e della sostenibilità: le così dette bioraffinerie (convertire in metano il biogas ottenuto dal processo di digestione anaerobica della frazione organica, FORSU), la produzione di biolignite dai fanghi di depurazione con la tecnologia HTC ed il recupero di elementi critici come il fosforo, il trattamento dei pannelli fotovoltaici, l’applicazione dei processi di idrometallurgia ai RAEE (in particolare le schede elettroniche) per il recupero di metalli preziosi e terre rare.
Oltre a questo, esistono altri campi di intervento e studio sull’ecosistema e l’ambiente. Ne sono un esempio il biomonitoraggio della qualità dell’aria con le api, le ricerche nel campo della cattura di anidride carbonica nei WtE attraverso moderni e innovativi processi industriali, lo sviluppo di droni per l’analisi delle mappe odorimetriche per i nostri impianti, l’applicazione della robotica più avanzata e della realtà aumentata nella gestione dei processi produttivi degli impianti. Anche in questa prospettiva, lo sviluppo tecnologico porta all’attenzione la necessità di nuovi smaltimenti, la transizione tecnologica e digitale s’intreccia e interfaccia con quella energetica.
Cosa prevede dal lato specificamente ambientale il Piano Industriale 2020-2024 di ACEA?
In ACEA la crescita e la creazione di valore sono strettamente correlate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità che caratterizzano sempre di più gli indicatori di performance. La sostenibilità diventa, quindi, un fattore caratterizzante e strutturale che guida le scelte di business e la gestione operativa del Gruppo. Nel Piano 2020-2024, dei 4,7 mld di Euro di investimenti complessivi ben 2,1 mld (+400 mln di Euro rispetto al Piano precedente) sono riferibili a specifici target di sostenibilità, scelti per priorità e rilevanza.
Nello specifico, nel settore ambiente la crescita sarà principalmente riconducibile alle azioni di consolidamento delle società acquisite e allo sviluppo di nuove iniziative per linee interne con l’obiettivo di incrementare i volumi di rifiuti trattati dal Gruppo e raggiungere circa 3 milioni di tonnellate trattate nel 2024.
Uomo, ambiente, innovazione, tecnologia. Ritiene che l’economia circolare possa “unire i puntini”? E qual è il ruolo che ACEA intende svolgere?
Sì, proprio facendo viaggiare transizione energetica, ambientale e digitale assieme. Nel cambiamento e nella modernizzazione di tutte le infrastrutture, per arrivare a delle smart cities, a movimenti sostenibili e veloci, ad offrire una qualità della vita elevata e con servizi efficaci bisognerà che il cittadino sia sempre più edotto sulle necessità del Paese e su come può essere protagonista consapevole di questo sviluppo. In primis, sulla necessità di nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti, innovativi, sicuri, efficaci.
Inoltre, occorre sburocratizzare gli iter autorizzativi che spesso comportano il sostanziale blocco invece che contribuire ad accogliere ed eventualmente migliorare ogni progetto. Occorre poi sensibilizzare le primissime generazioni alla cultura del non spreco delle risorse e invece ad un sano riciclo, abbracciando una visione senza pregiudizi verso uno sviluppo comunque necessario.
A parte attività più “prevedibili” per una multiutility come ACEA (acqua, rifiuti, gas, energia) c’è un progetto in particolare che mi ha colpito. Mi riferisco al biomonitoraggio ambientale con le api avviato nel Lazio con gli esperti di apicoltura urbana Urbees e con l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Sì, questo progetto ha appassionato molti di noi e sono orgoglioso di averlo potuto realizzare grazie alla sinergia di alcuni dipendenti dell’impianto di termovalorizzazione di San Vittore del Lazio, l’apicultore Antonio Barletta ideatore di Urbees, e l’Università del Sacro Cuore che ha campionato le api bottinatrici, grazie a periodici prelievi ed esami condotti dall’entomologa Ilaria Negri. Le api sono delle vere e proprie sentinelle naturali e funzionano come naturale centralina di controllo. Un impianto e un’ape non solo possono coabitare, ma comunicarsi informazioni.
Grazie ad una app e una centralina costruita sotto ciascuna arnia, abbiamo monitorato da remoto e in presenza la salute delle api, la temperatura interna ed umidità presenti in ogni arnia. Grazie alla collaborazione tecnico-scientifica dell’apicultore Antonio Barletta di Urbees e della prof.ssa Ilaria Negri dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, le oltre 150.000 api insediate presso l’impianto di San Vittore nella primavera del 2020 hanno permesso di contribuire alla biodiversità territoriale, di acquisire i dati di un’area equivalente a 7 km2 (il raggio di volo medio delle api è pari a 1.5 km). Le tre arnie sono state installate il 25 maggio 2020 e visitate con cadenza settimanale.
Nel complesso le famiglie di api hanno goduto di buona salute. L’abbondante presenza di zone selvatiche e boschive, e l’assenza di campi a conduzione agricola intensiva, hanno offerto abbondanti risorse nettarifere alle api. Nell’area sono presenti specie botaniche molto importanti per la produzione di miele. Da questi nettari profumati e aromatizzati le api hanno prodotto circa 10 kg di miele, non venduto e commercializzato, ma brandizzato e ad uso interno. Le api, inoltre, questo lo scopo del progetto, ci hanno consegnato utili e importanti informazioni riguardo all’impatto ambientale del termovalorizzatore in esame. Nonostante siano sensori molto sensibili al rilevamento dei PM10, PM2.5 e delle polveri ultrafini, ci hanno rassicurato: tra le polveri raccolte non c’è alcuna traccia di emissioni dell’impianto, ma solo indicatori di traffico, lavorazioni locali e movimentazione dei materiali relativi ai lavori interni. Sono convinto che il progetto Urbees sarà replicato in altri impianti di Acea Ambiente a partire da quelli di Orvieto e Terni, in Umbria, e dall’impianto di compostaggio di Monterotondo Marittimo in Toscana.