Tra il 1993 e il 2009 è andata persa un’area di zone selvagge terrestri più grande dell’India
(Rinnovabili.it) – Le zone selvagge del pianeta stanno scomparendo a una velocità allarmante. In poco più di 20 anni l’umanità ha cancellato tre milioni di chilometri quadrati di natura incontaminata, vale a dire un decimo di quella che avevamo a fine degli anni ’90 (leggi anche Abbiamo spazzato via il 10% della natura incontaminata). Oggi basta un veloce colpo d’occhio per individuare le aree naturali prive dell’impatto umano e la maggior parte di loro è sotto il controllo di Paesi in cui l’ambiente non è una delle priorità politiche. A mostrarlo in maniera chiara è la mappa elaborata dai ricercatori dell’Università del Queensland (UQ) e della Wildlife Conservation Society (WCS). Prima nel suo genere, la mappa mostra come il 70% delle ultime zone selvagge del Pianeta sia in mano a soli 5 Paesi: Australia, Stati Uniti, Brasile, Russia e Canada.
“Un secolo fa, solo il 15% della superficie terrestre veniva utilizzato per coltivare e allevare bestiame”, spiegano i ricercatori su Nature. “Oggi oltre il 77% delle terre (esclusa l’Antartide) e l’87% dell’oceano sono stati modificati dagli effetti diretti delle attività umane. Tutto ciò è illustrato nella nostra mappa globale degli ecosistemi intatti”. La ricerca sottolinea che tra il 1993 e il 2009, è andata persa un’area di zone selvagge terrestri più grande dell’India – circa 3,3 milioni di chilometri quadrati – a causa dell’urbanizzazione, dell’agricoltura, dell’estrazione mineraria e di altre attività umane. Nell’oceano, invece, le aree libere da pesca industriale, inquinamento e navigazione sono oramai quasi completamente confinate nelle regioni polari.
“Due anni fa abbiamo elaborato la prima analisi della natura selvaggia sulla terra”, spiega l’autore principale, James Watson.”In questa nuova ricerca abbiamo creato una mappa globale e l’abbiamo intersecata con i confini nazionali per chiedere: chi è il responsabile?”
Non è un caso che lo studio sia stato pubblicato in questi giorni. A novembre infatti, si terrà in Egitto la conferenza delle parti della Convenzione sulla diversità biologica, appuntamento in cui le parti dovranno lavorare sul nuovo piano per la protezione della biodiversità post 2020.
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