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Missione Antartide: diario di un ricercatore

La partenza dall’aeroporto dell’International Antarctic Centre di Christchurch.
La partenza dall’aeroporto dell’International Antarctic Centre di Christchurch.

 

Il viaggio verso il sud del pianeta è iniziato con la cancellazione del primo volo verso Londra da Milano. Solo uno spiacevole episodio che ci ha dirottato da Malpensa a Linate prima del lungo volo verso Sydney, il nostro primo vero scalo.

Siamo in una quindicina tra personale scientifico e logistico ad effettuare questo viaggio ed io sono partito con Edoardo Spirandelli, il mio collega robotico dell’ISSIA-CNR dell’Area della Ricerca di Genova. La sosta in Australia consente a qualcuno di rimediare ad alcune dimenticanze tra gli oggetti personali che dovremmo necessariamente portare presso la Base Italiana Antartica. Finalmente, dopo quattro ore di sosta forzata, ci si imbarca per la Nuova Zelanda, ultima tappa prima del salto finale verso l’Antartide.

Arriviamo a Christchurch nel tardo pomeriggio dopo un totale di circa tre giorni di viaggio e riusciamo a passare velocemente presso l’International Antarctic Centre per ricevere i dettagli del volo mattutino con l’Hercules L-100 della Safair prima di crollare esausti nelle nostre stanze di albergo che il PNRA ci aveva prenotato. In camera troviamo lo zaino antartico con tutto il vestiario tecnico previsto per la nostra permanenza in missione.

 

L’interno dell’Hercules L-100 appena prima del decollo
L’interno dell’Hercules L-100 appena prima del decollo

 

La mattina seguente, tutti già vestiti con la classica divisa rossa del personale delle campagne antartiche italiane, attendiamo dopo una breve colazione l’imbarco presso il terminal americano. Nel giro di un’ora ci troviamo stipati, insieme ad una ventina di Coreani e diversi Francesi e Tedeschi nella pancia di questo aereo che ricorda molto i classici film di guerra americani. Appena il tempo di sistemarci ed indossare le cuffie che il rumore del motore diventa assordante e quasi non ci rendiamo conto di essere già in volo. Sarà stato lo stupore di un viaggio così particolare, complice la stanchezza accumulata, ma le sette ore di volo verso la base Baia Terra Nova nel mare di Ross sono passate in un attimo e poco prima dell’atterraggio, chi era vicino ad uno dei pochi e minuscoli oblò, ha avuto la fortuna di assistere ad un’anteprima del meraviglioso scenario che ci attendeva.

Appena atterrati sulla pista ricavata sul pack e il portellone del L-100 si è aperto, una luce abbagliante ed un freddo intenso ci ha investito ancora prima di mettere piede sul ghiaccio. L’impatto, appena scesi, è stato sconvolgente. Non dimenticherò mai quei primi istanti in cui gli occhi, cercando dei riferimenti, non riuscivano a mettere a fuoco a causa del potente bagliore di quell’inferno bianco che di colpo ci ha avvolto. Subito dopo è il freddo che si è presentato, dandoci il benvenuto, con i suoi – 20°C decisamente peggiorati come sensazione da un vento gelido oltre i 30 nodi.

 

La vista della calotta antartica durante il viaggio.
La vista della calotta antartica durante il viaggio.

Riconosco in lontananza, tra gli “uomini rossi” che si avvicinano, alcuni dei miei compagni di corso di addestramento. Vedere facce amiche è un sollievo e limita il profondo senso di stordimento che mi assale. Veniamo letteralmente rapiti e distribuiti su alcuni mezzi per essere trasportati in tutta fretta presso la base, che finalmente, dopo averla sognata in tante foto, diventa una realtà.

Qualcuno dei veterani che ha viaggiato con me, ha inaspettatamente mostrato evidenti segni di commozione prima di entrare nella base….era da qualche anno che non tornava e l’emozione del ritorno è molto forte.

La “Mario Zucchelli Station” è una sorta di intrico di diversi strati di container su palafitte con al centro una parte elevata che ricorda una torre di controllo e da altri edifici disposti intorno all’eliporto.

 

L’atterraggio e lo sbarco sulla pista di mare ghiacciato nei pressi della base italiana.
L’atterraggio e lo sbarco sulla pista di mare ghiacciato nei pressi della base italiana.

 

Anche se stiamo per entrare nella base tutti i nostri sensi sono rivolti all’ambiente che ci circonda, non riusciamo a togliere lo sguardo dall’orizzonte che scrutiamo a 360 gradi. I visi sono di stupore, tutti, me compreso, ci siamo sempre immaginati un panorama piatto, statico, monotono…ed invece al contrario riusciamo ad intravedere montagne, scogliere, neve, rocce, iceberg ….una diversità di paesaggio attorno a Baia Terra Nova che ci lascia senza fiato e rapisce la nostra mente.

Ma non abbiamo tempo, dobbiamo andare a prendere possesso dei nostri alloggi e conoscere i nostri compagni di stanza. Le camere sono in stile militare composte da due letti a castello e relativi armadietti per quattro persone. I bagni e le docce sono rigorosamente in comune.

 

Il pomeriggio passa in fretta cercando di organizzare sia la camera che il materiale scientifico spedito via nave a settembre nei diversi laboratori assegnati.

Ci muoviamo ancora impacciati e spesso ci perdiamo nel labirinto dei corridoi e ci troviamo in un’ala ancora sconosciuta dove incrociamo personale in entrata o in uscita per attività logistiche o scientifiche. In un attimo arriva l’orario della prima cena nella mensa della base. Subito dopo una breve riunione durante la quale vengono spiegate le peculiarità organizzative e logistiche della base e poi finalmente la prima passeggiata esterna al margine del pack. Ci procuriamo la radio (che diventerà la nostra fedele compagna per tutta la campagna antartica) vestendoci con l’abbigliamento tecnico completo e scendiamo nelle rocce davanti alla base che dominano la distesa di mare ghiacciato che si perde all’orizzonte. Camminiamo per circa un’oretta e lo spettacolo che il panorama ci offre è da togliere i fiato. Una strana luce colora di rosa il ghiacciaio che si spinge in mare e evidenzia un enorme e lunghissimo crepaccio che sembra spaccare in due la distesa del pack. Davanti a noi si staglia il monte Melbourne un vulcano totalmente ricoperto di ghiaccio che in questo momento della giornata si colora di rosa. Avvistiamo uno skua, il tipico uccello di questo continente, che si ferma a pochi passi da noi come a ribadire che lui è la specie autoctona e noi solo degli strani visitatori da osservare.

 

La base antartica italiana Mario Zucchelli del PNRA
La base antartica italiana Mario Zucchelli del PNRA

 

Stiamo per molti minuti in silenzio, ad osservare, a metabolizzare il fatto di esserci davvero, ad imprimere nella memoria quei primi istanti di Antartide che difficilmente svaniranno. Poi a qualcuno viene in mente di guardare l’ora e ci rendiamo immediatamente conto che siamo in un punto del pianeta dove esiste una sola alba e un solo tramonto durante l’anno e noi stiamo per iniziare un lunghissimo giorno che durerà fino a primavera. Nonostante la luce, infatti, è mezzanotte passata ed è ora di provare i nostri nuovi alloggi.

Un ultimo sguardo al pack che a breve sarà il nostro nuovo laboratorio dove passeremo la maggior parte del tempo durante la permanenza antartica.

 

Marco Faimali (ISMAR-CNR) – Progetto RAISE – PNRA – XXIX Campagna Antartica

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