(Rinnovabili.it) – Niente avrebbe mai potuto sconvolgere la COP 21 quanto le rivelazioni che Wikileaks ha fatto ieri. L’organizzazione fondata da Julian Assange ha ottenuto e rilasciato testi negoziali in materia di Ambiente ed Energia del TiSA (Trade in Services Agreement), l’accordo segreto (e questo sì, vincolante) per la liberalizzazione dei servizi che coinvolge 52 Paesi del mondo: i 28 Stati membri dell’Unione europea, la stessa Ue, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Taipei cinese, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica. Uruguay e Paraguay si sono sfilati a settembre. I grandi esclusi dal più grande trattato commerciale sui servizi della storia sono i BRICS. Secondo i dati della Banca Mondiale, il gigantesco e variegato settore dei servizi vale il 75% del Pil europeo, l’80% di quello statunitense e la maggior parte dell’economia globale.
Un piatto ricco agli occhi delle multinazionali, che premono sui governi per poter avere al più presto un accordo onnicomprensivo. Serviranno almeno altri due anni di trattative, ma con il TiSA in vigore le grandi imprese avrebbero carta bianca per entrare senza più barriere nei servizi pubblici e privati dei Paesi contraenti, le cui economie contano per i due terzi del Pil globale.
Quale impatto può avere tutto questo sull’ambiente e il clima?
Presto detto.
Energia: se l’eolico è uguale al fracking
Nelle mani di Wikileaks è finita la proposta per un «Annex on Energy Related Services», cioè una possibile appendice al capitolo sui servizi energetici del trattato. L’hanno presentata Islanda e Norvegia nel dicembre 2014, durante uno dei round di trattative che si svolgono segretamente a Ginevra. Questi due Paesi hanno forti interessi nei servizi legati rispettivamente a geotermia e petrolio. Dall’analisi del testo emergono forti rischi per tutte quelle attività utili a ridurre le emissioni di carbonio, creare lavoro nel settore delle rinnovabili e migliorare la sicurezza energetica. In pratica, buona parte di quello che la COP 21 dovrebbe invece tentare di implementare.
Questo svuotamento delle politiche energetiche sostenibili avverrebbe grazie ad alcuni accorgimenti, come l’introduzione della «technological neutrality», principio in base al quale tutte le fonti energetiche dovranno essere trattate con lo stesso riguardo. Gli Stati non potranno più, ad esempio, privilegiare il fotovoltaico rispetto al petrolio o l’eolico al carbone. La neutralità tecnologica è stata utilizzata per la prima volta nel 1996 in ambito WTO (Organizzazione mondiale del commercio), ma soltanto nell’accordo sulle telecomunicazioni. Se il TiSA la estenderà a tutto il settore energetico, le ripercussioni saranno pesanti in termini di politiche climatiche.
La riduzione della sovranità nazionale sulle risorse energetiche passa anche dalla richiesta ai governi di garantire un libero mercato a tutti i fornitori di servizi energetici, locali ed esteri. Diventerà impossibile privilegiare una azienda italiana rispetto ad una Australiana, Statunitense o Canadese. I fornitori di servizi potranno contrastare regolamenti che prevedono l’utilizzo di manodopera locale o l’adozione delle migliori tecnologie disponibili per ridurre l’inquinamento, così come le moratorie sul fracking.
È da leggere in chiave critica anche la richiesta di basare su criteri «obiettività e trasparenza» gli standard e le procedure per il rilascio di licenze energetiche. Nel linguaggio degli accordi commerciali, sono termini che significano più di quel che sembra. Le controverse corti di arbitrato che regolano le contese tra investitori e Stati, infatti, valutano la trasparenza e l’obiettività dei criteri normativi ponendosi una sola domanda: questa norma crea ostacoli al libero mercato? Con queste premesse, procedure che richiedono valutazioni di impatto ambientale, misure di sicurezza o di mitigazione del rischio, potrebbero essere non rispettate o soggette a richieste di risarcimento ai sensi del TiSA.
Ambiente: vietato alzare gli standard
Insieme al documento sui servizi energetici, Wikileaks ha diffuso anche un «Annex on Environmental Services», che ripropone formule tradizionali degli accordi di libero scambio. Si tratta di principi come quelli della “nazione più favorita” e del “trattamento nazionale”. Una volta sottoscritti, non sarà più possibile privilegiare fornitori di servizi locali a dispetto di colossi stranieri, per evitare “distorsioni” del mercato che possono valere denunce multimilionarie. Ogni facilitazione accordata ad aziende provenienti da un Paese dovrà essere estesa anche a quelle degli altri Stati contraenti, a dispetto della qualità del servizio fornita da ciascuno.
Viene poi introdotta una clausola “standstill”, che rende impossibile per i governi varare qualsiasi nuova misura che limiti l’accesso al mercato dei servizi ambientali. Ciò significa che non potranno nascere nuovi monopoli né si potrà contenere il numero dei prestatori di un dato servizio che ha a che fare con l’ambiente.