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Interazione tra virus e batteri: la nuova frontiera per combattere il cambiamento climatico

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La geoingegneria studia l’arma microbiologica nella lotta al cambiamento climatico

(Rinnovabili.it) – L’interazione tra virus e batteri marini potrebbe rappresentare la nuova arma per combattere il cambiamento climatico: sotto indagine la capacità dei batteri che si trovano negli oceani di moltiplicare il numero di virus e quella di quest’ultimi di congiungersi fra loro e intrappolare grandi quantità di diossido di carbonio nelle profondità marine.

L’intuizione nasce da recenti studi sull’adattamento dei batteri marini: secondo le ricerche della professoressa Alison Buchan, dell’Università del Tennesse, presentate all’annuale meeting dell’American Association for the Advancement of Science a Washington, alcuni batteri utilizzerebbero virus con cui convivono in simbiosi come armi biologiche contro altre colonie batteriche.

 

 

La simbiosi tra virus e batteri è cosa nota: non sempre, infatti, i batteri uccidono i virus che s’installano in essi; spesso li tollerano e in cambio ricevono una sorta d’immunità virale.

Le ricerche della professoressa Buchan hanno scoperto che questa simbiosi viene sfruttata da alcuni batteri per guadagnare un vantaggio nell’accaparramento delle risorse vitali: all’arrivo di una colonia straniera, i batteri rilasciano i virus nei confronti dei quali hanno maturato un’immunità e attaccano i batteri concorrenti.

Gli studi hanno scoperto che ogni batterio marino può rilasciare fino a 100 virus: secondo le osservazioni della dottoressa Buchan, i virus proliferano in una forma benigna fin quando il batterio ospite non raggiunge determinate condizioni di stress ambientale, come ad esempio il sopraggiungere di concorrenti. A quel punto il rilascio dei virus uccide sia il batterio ospite che molti altri concorrenti assicurando alla colonia inziale, che ha sviluppato adattamento a quei particolari virus, la sopravvivenza.

 

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L’impatto sul cambiamento climatico dei batteri è anch’esso noto: si stima che circa metà delle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo venga assorbita dai batteri presenti negli oceani. Il timore dei ricercatori era che i virus, uccidendo i batteri, potessero rompere la catena formata da questi e liberare nuovamente diossido di carbonio nell’atmosfera. Gli studi del professor Matthew Sullivan, dell’Università dell’Ohio, sembrano invece dimostrare che grandi ammassi di virus possano formare una sorta di materiale appiccicoso capace di intrappolare il CO2 e di farlo affondare nelle profondità marine, dove non contribuirebbe al riscaldamento globale.

Le ricerche sul campo sono ancora poche ed è presto per capire cosa possa fare l’uomo per sfruttare le capacità di batteri e virus di assorbire e stoccare CO2. Secondo quanto riportato dal professor Sullivan al convegno della AAAS sarebbero già in corso ricerche ingegneristiche per valutare l’impatto su larga scala del rilascio di specifici virus capaci di aumentare l’interazione osservata dalla dottoressa Buchan e nei prossimi vent’anni potremmo assistere alla messa in circolazione di simili virus.

 

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