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Viggiano, indagine del Noe sui tumori dei rifiuti Eni

Viggiano indagine del Noe sui tumori dei rifiuti di Eni

 

(Rinnovabili.it) – Bastava cambiare l’etichetta e, da rifiuti speciali pericolosi, gli scarti del centro oli di Viggiano diventavano rifiuti non pericolosi. Questo sarebbe l’illecito, secondo l’ordinanza del gip, che i manager Eni avrebbero perpetrato «in maniera del tutto arbitraria». Dopo averli ripuliti, anche se solo sulla carta, venivano caricati su autobotti e inviati ai centri di smaltimento.

Il risultato è che nella terra del pozzo “Molina 2” (ora sotto sequestro) sono stati reiniettati liquidi zeppi di sostanze pericolose. L’Eni contesta che «le acque di reiniezione non sono acque pericolose, né da un punto di vista della normativa sui rifiuti, né da un punto di vista sostanziale», ma gli inquirenti vogliono vederci chiaro. È per questo che i carabinieri del Noe hanno acquisito migliaia di cartelle cliniche dagli ospedali lucani per verificare l’incidenza dei tumori e di altre patologie nel Texas italiano, quella piccola Basilicata in cui viene estratto il 70% del petrolio e il 14% del gas del Paese. Anche i campi potrebbero aver subìto gli impatti dell’inquinamento: da qui la volontà della Procura di Potenza di portare avanti anche delle indagini epidemiologiche sui bioindicatori, volte ad accertare la portata dell’eventuale contaminazione su colture e animali.

 

Viggiano indagine del Noe sui tumori dei rifiuti di Eni 2A tutto ciò si aggiunge il problema delle emissioni in atmosfera: stando alle intercettazioni, le comunicazioni alle autorità di controllo sarebbero state manipolate per non suscitare allarme, dal momento che più di una volta si sarebbe verificato il superamento dei limiti di legge.

L’ipotesi della Procura per questo complesso di illeciti si risolve in due parole: disastro ambientale.

Sullo sfondo, intanto, il referendum sulle trivellazioni in mare, che assume sempre più valore politico per il governo e per i promotori. L’invito all’astensione da parte di Renzi, in questo quadro, non fa bene all’esecutivo. Gli ultimi sviluppi, riportati da alcuni quotidiani, gettano ombre sul Ministro Maria Elena Boschi oltre che su Federica Guidi. Dopo che il primo emendamento pro Tempa Rossa era stato espunto dallo Sblocca Italia nottetempo, è arrivato il suo reinserimento dentro la legge di stabilità più di un anno dopo. Secondo le indiscrezioni e le intercettazioni, a favorire il progetto sarebbe stato proprio il ministro per i Rapporti con il Parlamento. I suoi uffici, per giunta avrebbero lavorato sulle bozze scritte dai lobbisti delle imprese coinvolte.

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