(Rinnovabili.it) – Le misurazioni della temperatura superficiale del mare (SST- sea surface temperature) effettuate a Venezia hanno rivelato che la SST nelle regioni costiere sta aumentando fino a 10 volte più velocemente rispetto alla media mondiale, che si ferma a 0,13 gradi per decennio.
Un tale cambiamento, hanno avvertito gli studiosi dell’Università di Southampton, potrebbe devastare le comunità costiere e l’ecosistema marino.
Venezia, che fa del turismo la sua maggiore fonte di reddito, ospita circa 22 milioni di turisti l’anno, anche per questo è quindi importante per la città mantenere inalterati gli equilibri costieri. Ma dall’Università britannica si sta mettendo in guardia circa l’impatto negativo del flusso di visitatori.
L’analisi dei trend di innalzamento della temperatura dell’acqua nella laguna di Venezia ha suggerito che, durante i mesi invernali, si verificherà un aumento 10 volte superiore a quello previsto a livello globale dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC).
Ma a danneggiare la laguna non sarebbe solamente il turismo, bensì le molteplici attività che ruotano attorno al settore della pesca, dipendente dalla temperatura delle acque forse più di ogni altro comparto.
Un aumento della temperatura costiera riduce infatti la percentuale di ossigeno nell’acqua, impedendo la sopravvivenza dei pesci e aumentando la crescita delle alghe. Carl Amos professore presso l’Università di Southampton ha chiarito lo studio: “L’analisi della condizione di Venezia è il risultato di 15 anni di partnership con la città. Una massiccia urbanizzazione delle zone costiere significa isole di calore urbane, che rappresentano un grave problema, in particolare per il settore della pesca e anche per la manutenzione delle infrastrutture costiere. Il Tamigi, come la laguna di Venezia, è uno dei principali responsabili e allo stesso tempo vittima dell’effetto isola di calore urbana”.
L’effetto ‘isola di calore urbana’ è un fenomeno secondo cui le regioni, vivendo una rapida espansione industriale e urbana, si trovano a produrre grandi quantità di calore, rendendo la zona più calda rispetto ai suoi dintorni, ha spiegato Amos ricordando che il problema determina conseguenze estreme spesso irreversibili. Attualmente si stima che 1,6 miliardi di persone vivano in zone costiere del mondo – aree che sommate occupano il 18 per cento della superficie totale del mondo. Ciò significa che la densità di popolazione costiera è di tre volte superiore alla media globale. Inoltre, questa popolazione dovrebbe salire al 30 per cento entro il 2025, con il commercio e le infrastrutture alle coste in costante aumento.
“La maggior parte di questi cambiamenti alle coste sono causati da attività umane, ma è complesso considerare questi fattori con precisione, i dati ufficiali dell’IPCC non prendono queste “anomalie” costiere in considerazione”, ha concluso il professor Carl Amos.