(Rinnovabili.it) – La politica ambientale di Donald Trump ha finalmente un volto e un nome: Scott Pruitt, procuratore generale dell’Oklahoma. Sarà lui a guidare l’Agenzia per la protezione ambientale (EPA). Una scelta che, almeno sulla carta, non fa ben sperare. Il profilo di Pruitt non sarà quello di un Myron Ebell, capofila dei negazionisti climatici e già alla guida del team di transizione di Trump proprio in materia di clima, ma ci si avvicina abbastanza.
Un climatoscettico al comando
Scott Pruitt è un repubblicano che da un lato strizza l’occhio all’industria fossile e dall’altro ha lottato a lungo contro la stessa EPA. Ed è scettico riguardo al riscaldamento globale. In passato ha più volte messo in dubbio il 97% della scienza mondiale che lega l’attività umana al global warming. “Il dibattito è lontano dall’essere concluso – affermava lo scorso maggio – Gli scienziati continuano a non essere d’accordo sull’estensione del riscaldamento globale e la sua connessione con l’azione dell’uomo”.
L’EPA sarà smantellata?
C’è di peggio, almeno se si segue la buona norma di giudicare in base alle azioni e non soltanto alle dichiarazioni rilasciate alla stampa. Pruitt infatti è uno dei legali che guida il ricorso di 28 Stati americani contro il Clean Power Plan, il piano ambientale di Obama per tagliare le emissioni del Paese. È lui, paradossalmente, che sta per guidare la stessa agenzia federale contro cui ha una causa in corso, è lui a dover cercare i cavilli e scandagliare le pieghe delle norme vigenti per rendere carta straccia l’eredità ambientale del presidente uscente (che, comunque, è meno pulita di quanto sia apparsa in questi 8 anni).
Non sorprende quindi che ci sia stata una levata di scudi non solo nel mondo ambientalista, ma anche da parte dei Democratici. I toni non sono affatto teneri o diplomatici: “Il capo dell’EPA non può essere un passacarte dei lobbisti delle aziende inquinanti e delle grandi compagnie petrolifere”, ha commentato a caldo la rappresentante del partito dell’asinello Nancy Pelosi.
Hanno vinto le Big Oil
La galassia di Ong ambientaliste guarda a Pruitt come una semplice marionetta dell’industria delle fossili. Anche qui non sono accuse fantasiose ma giudizi su quello che la futura guida dell’EPA ha fatto nel recente passato. Solo due anni fa ha tentato di smantellare gli standard sull’inquinamento dell’aria usando un memo della Devon Energy, una delle maggiori compagnie di oil&gas dell’Oklahoma. Ha preso anche le difese di Exxon Mobil, sotto accusa per aver ingannato gli investitori nascondendo studi che confermavano l’esistenza dei cambiamenti climatici.
Nelle ultime settimane Trump aveva abbandonato i toni aggressivi della campagna elettorale e aveva aperto qualche spiraglio anche in materia ambientale, ipotizzando di non ritirare la firma degli USA dall’Accordo di Parigi. La scelta di Scott Pruitt in questo senso è molto chiara: che scelga una strada soft o che decida di partire all’attacco a testa bassa, la priorità non sarà comunque l’ambiente e il riscaldamento globale ma gli interessi delle Big Oil.