(Rinnovabili.it) – Nel Pacifico gli orologi hanno già passato la mezzanotte. Questo significa che per molte delle isole che popolano la regione, l’Accordo di Parigi è già entrato in vigore da qualche ora. Quasi in contemporanea, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) ha reso pubblico il suo Emissions Gap Report, il prezioso documento che fa il punto sugli sforzi in tema di tagli alle emissioni. La conclusione? Il tanto sudato Paris Agreement non è sufficiente.
Il rapporto rileva che, con l’attuale livello impegno, entro il 2030 i gas serra raggiungeranno le 54-56 gigatonnellate di biossido di carbonio equivalente. Si tratta di un valore ben al di sopra del tetto individuato dagli scienziati (42 Gt) come il limite emissivo per aver la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 2 C° durante questo secolo.
Il trattato sul clima è stato creato sulla base dei singoli impegni volontari (gli INDCs) consegnati nel corso del 2015 dalle Nazioni all’ONU. Ma già allora, l’UNEP aveva allarmato le Parti della Convezione sui cambiamenti climatici sull’inadeguatezza del lavoro svolto.
L’accordo al ribasso raggiunto in Francia, seppur accompagnato da grandi entusiasmi e strette di mano, ha lasciato nella sua vacuità abbastanza spazio per frenare ulteriormente l’azione climatica. Questo significa, spiega l’Unep, che anche se gli impegni di Parigi saranno pienamente attuate, le emissioni antropiche indirizzeranno il Pianeta verso un aumento della temperatura globale dai 2,9 fino ai 3,4 gradi.
Per non mancare il target prefisso, ovvero contenere l’aumento “ben al di sotto dei 2 gradi Celsius”, le emissioni di gas a effetto serra devono essere tagliate di un ulteriore 25% entro il 2030. Ma questo significa smettere di perdere tempo, tenendo ben a mente gli ultimi moniti del mondo scientifico: stiamo lottando per attenuare gli effetti catastrofici del climate change (violenti temporali, periodi di siccità più lunghi, aumento il livello del mare ecc…), eliminarli non è già più possibile. “Se non cominciamo fin da adesso ad adottare iniziative supplementari, iniziando dall‘imminente incontro di Marrakesh, finiremo per dover piangere una tragedia umana evitabile”, scrive Erik Solheim, nuovo capo UNEP, nel rapporto annuale. “Il numero crescente dei profughi per ragioni climatiche colpiti da fame, povertà, malattie e conflitti diverrà un costante promemoria del nostro fallimento nell’adempiere quanto promesso”.