L’ambasciata Usa a Baghdad lancia l’allarme: l’onda di acqua, fango e detriti travolgerebbe Mosul e arriverebbe fino alla capitale
(Rinnovabili.it) – Dopo 12 anni di guerra e attentati, dopo 2 anni di caos totale con l’avanzata dell’Isis, adesso l’Iraq è minacciato da una catastrofe ambientale senza precedenti. Sotto i riflettori finisce (di nuovo) la diga di Mosul, città nell’estremo nord del Paese occupata ormai quasi due anni fa dagli uomini del Califfato. È proprio la presenza dell’Isis nella zona ad aver prima impedito e poi rallentato i lavori di manutenzione della diga. Che oggi rischia seriamente di crollare e scatenare un’onda di 20 metri d’acqua, fango e detriti fino a Baghdad e oltre.
L’ultimo allarme è arrivato pochi giorni fa dall’ambasciata statunitense a Baghdad. In un comunicato, l’ambasciata sostiene che un eventuale crollo della diga metterebbe a rischio tra i 500.000 e gli 1,5 milioni di iracheni che vivono lungo le sponde del fiume Tigri. Ma cosa pesa di più in questo annuncio, l’ambiente o la politica? Numeri e scenari potrebbero essere stati “ritoccati” e gonfiati per aumentare la pressione sul governo iracheno, visto che gli Usa hanno fretta di lanciare un’offensiva militare su Mosul e Baghdad temporeggia. Certamente però il rischio di alluvione è reale per gli abitanti di Mosul: stiamo parlando di circa 600mila persone che abitano pochi chilometri a valle della diga che trattiene – questa la capacità massima – ben 11 miliardi di metri cubi d’acqua.
Ma l’impeto dell’onda minaccerebbe anche Tikrit, 200 km più a sud: secondo l’ambasciata Usa i suoi abitanti dovrebbero allontanarsi di cinque o sei km da dove si trovano attualmente per ridurre notevolmente i rischi e mettersi in sicurezza. Il peggio arriverebbe poi a Samarra, altri 100 km più a valle. Lì la gente deve spostarsi di almeno 16 km, perché l’onda potrebbe sfondare una seconda e più piccola diga. In caso di collasso della struttura, l’onda che arriverebbe a Baghdad metterebbe a rischio anche la zona dell’aeroporto internazionale della capitale, interi quartieri finirebbero sommersi.
Il computo delle conseguenze di un eventuale collasso della diga è più lungo di così. Al di là dell’alluvione devastante che spazzerebbe via almeno Mosul, va tenuto da conto che quella diga e il bacino che racchiude rappresentano la principale risorsa d’acqua dell’Iraq, oltre a produrre una forte quota dell’energia nazionale da idroelettrico con i suoi 1.052 MW di capacità installata. In sua mancanza si conterebbero a milioni le persone – contadini soprattutto – che perderebbero i loro mezzi di sostentamento. L’effetto in poco tempo si farebbe sentire anche nelle città. E infine bisogna guardare più a nord, in Turchia, dove il Tigri nasce e percorre qualche centinaio di km. Lì il governo di Ankara vuole costruire nuove dighe, che ridurrebbero molto la portata del fiume nella sezione irachena. E senza la diga di Mosul il Paese non avrebbe abbastanza riserve idriche.