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Il contributo UE alla deforestazione crescerà del 25% entro il 2030

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(Rinnovabili.it) – Nonostante le promesse di mettere fine a questa pratica entro la fine del 2020, il contributo europeo alla deforestazione mondiale potrebbe crescere del 25% da qui al 2030. Lo rivela il Guardian, dopo aver messo le mani su un rapporto della Commissione Europea non ancora reso pubblico. Amazzonia, Mekong e Borneo sono i tre hotspot globali del disboscamento, che contribuiranno significativamente all’aumento del fenomeno nei prossimi decenni. Se gli stati UE che consumano prodotti agricoli legati alla deforestazione non trovano rapidamente delle alternative, si innescherà una spirale negativa dalle conseguenze incalcolabili.

L’Unione ha firmato diversi impegni per bloccare il fenomeno entro il 2020. Gli accordi più importanti sono la Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, gli obiettivi ONU di sviluppo sostenibile, il forum delle Nazioni Unite sulle foreste, la dichiarazione di New York e la dichiarazione di Amsterdam. Tuttavia, gli ultimi dati della FAO sostengono che circa 13 milioni di ettari di foresta vengano rasi al suolo ogni anno nel mondo, e il rapporto visionato dalla testata britannica, dimostrerebbe che solo per soddisfare la domanda europea sarebbero necessari 5 milioni di ettari di foreste extra ogni anno da qui al 2030.

 

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La deforestazione è legata a doppio filo alla coltivazione di varietà per l’alimentazione animale e i biocarburanti, ma deforestazioneanche ai cambi di uso del suolo per favorire l’allevamento. Un quarto dei prodotti finali derivati da deforestazione illegale – cioè carne, pelli, soia per mangimi e olio di palma per biocombustibili – viene consumato nel vecchio continente, che non ha politiche stringenti per limitare il disboscamento fuori legge.

Il tasso di deforestazione incorporato nei prodotti che giungono in UE, secondo lo studio di fattibilità intercettato dal Guardian, crescerà da 250-500 mila ettari nel 2015 a 340-590 mila nel 2030. E si tratta di una deforestazione direttamente legata ai consumi, che non include tutta quell’area grigia costituita dal degrado delle aree né i prestiti delle istituzioni finanziarie europee ad attività legate al disboscamento. Inoltre, i risultati potrebbero essere perfino troppo conservativi, perché gli analisti non avrebbero tenuto conto della domanda di bioenergie.

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