Assassinata Lesbia Yaneth Urquía, compagna di lotta di Berta Càceres contro mega-progetti e deforestazione. Le autorità continuano a depistare le indagini
(Rinnovabili.it) – L’Honduras fa strage di attivisti ambientali. Quattro mesi dopo l’assassinio di Berta Càceres, simbolo della riscossa indigena nel piccolo stato centramericano contro lo strapotere di politica e affari, un’altra ambientalista è stata uccisa. Il corpo senza vita di Lesbia Yaneth Urquía, 49 anni, è stato rinvenuto ieri. Una profonda ferita alla testa, forse un colpo di machete, il cadavere gettato in una discarica di Marcala, 160 km a ovest della capitale Tegucigalpa.
Urquìa faceva parte del gruppo di Berta Càceres, preso di mira a più riprese per la tenace opposizione ai mega-progetti che minacciano l’ambiente honduregno e calpestano i diritti dei popoli indigeni. Il 3 marzo scorso era stato assassinato anche Nelson Garcia, 38 anni e 5 figli, dirigente del Consejo Civico de Organizaciones Populares e Indigenas de Honduras (COPINH) fondato da Càceres. Ieri è toccato a Urquìa, madre di tre figli, che con i compagni contestava la deforestazione e i progetti per l’idroelettrico nel dipartimento occidentale di La Paz.
Le autorità si affrettano a sminuire il caso e sviare le indagini con false piste. Proprio come le altre volte, secondo le autorità di Tegucigalpa, anche ieri si sarebbe trattato di un comunissimo caso di rapina finita male: i ladri e assassini avrebbero preso di mira la sua bicicletta professionale. Una reazione degna di un regime autoritario, che anche in Italia stiamo iniziando a conoscere – anche se in altri ambiti – con l’Egitto di al-Sisi e la gestione della morte di Giulio Regeni.
“La morte di Lesbia Yaneth è un femminicidio politico che prova a silenziare le voci di donne che con coraggio difendono i loro diritti – scrive il COPINH in una nota apparsa sul suo sito web – L’omicidio conferma che si è messo in moto un piano per far sparire chi difende i beni comuni della natura”.
Che questo piano esista l’ha confermato uno scoop del Guardian poche settimane fa: un ex soldato, fuggito all’estero, che ha rivelato l’esistenza di una lista di bersagli di cui l’esercito, con buona probabilità su pressioni della politica, ha il compito di mettere a tacere con le cattive. Berta Càceres è il nome più noto, gli altri volti della lista stanno seguendo il suo stesso tragico destino.