(Rinnovabili.it) – Le moderne tecniche di agricoltura, il deterioramento della qualità dell’ambiente e la disintegrazione degli habitat naturali potrebbero essere le cause di un crollo della biodiversità che coinvolge molte specie di uccelli, anche le più comuni. Lo ha rilevato una ricerca dell’Università di Exeter, in Inghilterra, insieme alla Royal Society for Protection of Birds (RSPB) e il Pan-European Common Bird Monitoring Scheme (PECBMS). Ha preso in esame 144 specie di volatili in 25 Paesi europei, mostrando come la popolazione sia diminuita bruscamente in questi ultimi 30 anni. Ha perso 421 milioni di individui, un numero impressionante che non ha eguali nella storia sociale dell’uomo. Nove su dieci appartenevano alle 36 specie più comuni e diffuse, dal passero all’allodola, dalla pernice grigia allo storno.
Gli uccelli interagiscono profondamente con la società umana: aiutano le attività agricole a mantenere i parassiti sotto il livello di guardia, sono importanti spargitori di semi e le specie necrofaghe giocano un ruolo chiave nella rimozione delle carogne. Inoltre, i pennuti rappresentano per molte persone il primo approccio con il mondo degli animali che non vivono in cattività: basta ascoltare il loro canto, osservarne il volteggio o approfondirne la conoscenza attraverso il birdwatching.
Non tutte le specie, però, fanno registrare questo vertiginoso declino. Cinciallegre, cinciarelle, pettirossi e merli sono in aumento negli ultimi anni, così come il falco di palude, il corvo, la poiana e l’occhione. Ma è solo una conseguenza delle politiche di conservazione e della protezione legale in Europa.
«Queste cifre sono quindi un avvertimento – dichiara Richard Gregory, della Royal Society for Protection of Birds – Il modo in cui gestiamo l’ambiente non è sostenibile per molte delle specie a noi più familiari».
Così, la ricerca mira a sottolineare che le pratiche di conservazione che mettiamo in atto per un ristretto numero di specie, andrebbero estese anche agli uccelli più comuni.