(Rinnovabili.it) – A volte il mito dei paesi scandinavi attenti all’ambiente e all’avanguardia sotto tanti punti di vista va corretto al ribasso. È il caso della Norvegia, che si sta spremendo le meningi per trarre profitto dal fatto che tutto il resto del continente continua ad riversare in atmosfera tonnellate di gas climalteranti a ritmi sostenuti. Al centro dell’attenzione finiscono i sistemi di cattura del carbonio (CCS), già considerati controversi da più parti. In questo modo però Oslo non conclude soltanto un affare, ma dà – nemmeno troppo indirettamente – un grosso incentivo all’Europa per continuare imperterrita con le emissioni di CO2.
La Norvegia ha scommesso di riuscire a far quadrare i costi – sia di investimento che d’esercizio – dei sistemi per la cattura del carbonio, un’impresa che ha fatto gola a molti ma che nessuno finora è riuscito a portare a termine. È stato pubblicato oggi un report che stila le conclusioni sulla fattibilità di tre progetti pilota di CCS: conclusioni estremamente positive e incoraggianti per il governo che sembra intenzionato a far partire il business a tutti i costi, già entro il 2022.
Qui si annida un doppio vantaggio. Da un lato, Oslo può raggiungere con più facilità gli ambiziosissimi obiettivi sul clima che s’è data, portandosi di fatto decenni avanti rispetto al resto dell’Europa. Ma d’altro canto è proprio la tecnologia CCS che diventa una gallina dalle uova d’oro, perché può essere messa a disposizione degli altri paesi ritardatari e poco propensi a tagliare le proprie emissioni. In pratica, la stessa dinamica già esistente per quanto riguarda i rifiuti.
I progetti pilota hanno esplorato diversi siti, da quelli esausti dopo le trivellazioni della compagnia di bandiera Statoil a impianti di produzione di cemento e ammoniaca, senza trascurare uno studio del trasporto via nave della CO2 stoccata per eventuali soluzioni offshore. Con quali costi? Il report parla di un investimento tra gli 800 mln e gli 1,36 mld di euro, cui si devono sommare costi operativi annui che oscillano tra i 40 e i 100 mln di euro. Da dove venga l’ottimismo di Oslo non è del tutto chiaro, visto che poche righe più in basso si sottolinea che questi costi potrebbero variare anche del 40%.