(Rinnovabili.it) – Allegri, petrolieri, il TTIP è la soluzione a tutti i vostri problemi. Sappiamo che non gradite regole più stringenti sulle emissioni e l’inquinamento ambientale. Perciò, vi garantiamo che dopo questo accordo saranno carta straccia. Il patto di liberalizzazione commerciale fra Stati Uniti e Unione europea è un’occasione unica per definire gli standard del commercio globale. E saranno talmente competitivi che anche i Paesi terzi dovranno abbracciarli. Immaginiamo che l’idea possa farvi piacere, visto il vostro interesse ad investire nei Paesi in via di sviluppo.
È esattamente questo, con toni un po’ più formali ma certamente non meno accomodanti, quel che ha detto l’ex Commissario al commercio dell’Unione europea, Karel de Gucht, in un incontro privato con due lobbisti di Exxon. Lo ha scoperto il Guardian, che ha ottenuto il verbale dell’ottobre 2013 con una richiesta di accesso agli atti.
Ricapitolando, quello che sappiamo è: il più grande accordo di liberalizzazione economica mai negoziato viene discusso e scritto lontano dagli occhi del pubblico, ma insieme alle lobby del petrolio, della chimica e dell’agribusiness. Una delle più alte cariche dell’Unione, il Commissario al commercio, stende un tappeto rosso ad una delle industrie più potenti del mondo nel settore energetico.
TTIP: un trattato per domarli tutti
Le carte in mano a de Gucht, ottenute dal Guardian, dicono che «il TTIP è importante perché crea un precedente nei confronti dei Paesi terzi […]. Pensiamo che questo elemento interessi al settore energetico, e in particolare ad aziende attive a livello globale come Shell o ExxonMobil. Dopo tutto, esse affrontano gli stessi ostacoli al commercio quando fanno affari in Africa, in Russia o in Sud America».
Invece di negoziare trattati di libero scambio con ciascun Paese per far contente le multinazionali del fossile, la Commissione europea ritiene di risolvere il problema con un solo enorme accordo: il TTIP. I Paesi al di fuori del patto USA-Ue sarebbero progressivamente costretti ad adottare le stesse misure, rendendo più facile per le aziende come Exxon l’espansione nei loro mercati. La compagnia ha infatti piani di investimento nel fracking in Africa, Sud America e Asia.
Secondo i verbali della riunione visti dalla testata britannica, la conversazione è durata un’ora, focalizzandosi su quattro argomenti:
– gas da scisti
– aspetti geopolitici
– intenzione (poi abbandonata) dell’Ue di etichettare le sabbie bituminose come combustibile altamente inquinante
– possibile riconversione al trattamento del greggio del terminale USA di Exxon per l’export di gas naturale liquefatto.
Un precedente scoop del Guardian ha rivelato, lo scorso novembre, che la Commissione avrebbe concesso ad Exxon l’accesso a documenti riservati riguardanti il TTIP. L’Unione europea preme da anni sugli Stati Uniti per aggiungere un capitolo dedicato all’energia al futuro accordo, preoccupata degli impatti della crisi ucraina sulla sicurezza energetica. Lo dimostrano i testi trapelati in più di un’occasione. Bruxelles chiede a Washington di aprire le condotte del gas da scisti ricavato con il fracking, nonché di levare il bando all’export di petrolio greggio che gli USA hanno stabilito negli anni ’70 (e infatti ora è saltato). L’esecutivo europeo sembra disposto a tutto per una trasfusione di combustibili fossili: anche a concedere alle aziende più inquinanti l’ingresso alle segrete stanze del negoziato. Perfino, forse, a far scrivere direttamente ai loro esperti i testi legali di un trattato con ricadute sulla vita di miliardi di persone.
C’è chi dice no
«La partita della Commissione sulle politiche commerciali è sporca – dichiara Monica di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP Italia – sia perché dannosa per l’ambiente, sia perché giocata alle nostre spalle. Per questo dobbiamo fermare il TTIP, che porterebbe decisioni come queste lontano dalle istituzioni democratiche, in uno spazio transatlantico del tutto inaccessibile e non trasparente. Eppure si tratta di scelte determinanti per la qualità della vita quotidiana e per il futuro delle nostre comunità».
Con il lancio di una nuova petizione rivolta agli Enti locali e i preparativi per una manifestazione nazionale in primavera, le centinaia di organizzazioni aderenti alla campagna stanno rilanciando il tema nel dibattito pubblico, proprio nel momento in cui anche la battaglia sulle trivelle in Italia entra in una fase cruciale.