(Rinnovabili.it) – La Commissione europea sta ritardando il suo parere legale sui nuovi OGM a causa di una forte pressione da parte delle lobby dell’agroindustria e del governo degli Stati Uniti, interessati a farli entrare in Europa senza etichettatura grazie al TTIP. Lo affermano Greenpeace, Friends of the Earth e il Corporate Europe Observatory, tre organizzazioni in difesa dell’ambiente e della società civile impegnate a denunciare il rischio di una approvazione degli organismi geneticamente modificati ottenuti con nuove tecniche che potrebbero sfuggire ai controlli e all’etichettatura.
In sostanza, i cittadini italiani ed europei potrebbero presto acquistare prodotti contenenti questi OGM 2.0 senza saperlo. Eppure l’opinione pubblica, nel vecchio continente, è largamente contraria al consumo di cibo ingegnerizzato. Il vasto e trasversale rifiuto ha portato, fino ad oggi, molti governi a esercitare il diritto di vietarne la coltivazione sul proprio territorio. L’Italia l’ha notificato alla Commissione europea lo scorso anno così come altri 18 Stati membri: Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Slovenia e Ungheria, mentre la Gran Bretagna ha presentato domanda per Scozia, Galles e Irlanda del Nord e Belgio per la Vallonia.
La carta del TTIP per sbloccare l’affare OGM
Così, la partita più importante si gioca sul commercio, e la carta vincente si chiama TTIP. L’accordo di libero scambio in via di negoziato tra Stati Uniti e Unione europea ha lo scopo di abbattere tutti gli ostacoli normativi e ridurre i controlli sulle merci scambiate tra i due blocchi. Se da un lato questo processo di “armonizzazione” di regolamenti e standard avrebbe l’effetto di aumentare il volume degli scambi, dall’altra porterebbe a un inevitabile abbassamento delle tutele per i consumatori su diversi fronti: servizi pubblici, appalti, sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e dei consumatori.
In particolare, le multinazionali statunitensi dell’agribusiness spingono con insistenza, insieme al governo USA, per abbattere gli ostacoli normativi all’ingresso degli OGM in Europa. Il settore è totalmente deregolamentato al di là dell’Atlantico: di conseguenza, i prodotti non vengono etichettati né controllati meglio di altri. Ma da noi, ad oggi, questo non sarebbe possibile. A meno che non si inventino nuove tecniche di ingegnerizzazione del cibo capaci di aggirare la normativa europea in materia. È esattamente quanto accaduto negli ultimi anni con le cosiddette New Breeding Techniques (NBT), che hanno costretto la Commissione europea a redigere un parere legale sulla applicazione o meno della sua direttiva ai nuovi prodotti dei laboratori.
Il documento insabbiato
A quanto pare, però, il documento atteso per inizio 2016 è stato insabbiato dopo una intensa attività di lobbying da parte delle aziende e del governo statunitense, che le ONG europee hanno potuto certificare visionando la corrispondenza della Commissione Ue tramite richieste di accesso agli atti. Se fosse stata pubblicata, l’opinione legale di Bruxelles avrebbe portato al divieto dei nuovi organismi geneticamente manipolati.
Il risultato di questo rinvio, invece, potrebbe essere l’inclusione nel TTIP del commercio di prodotti biotech, mentre lontano da occhi indiscreti la Commissione europea potrebbe piegare la sua normativa in favore delle aziende statunitensi. Le carte pubblicate dalle organizzazioni ambientaliste smentiscono il ministro dell’Agricoltura italiano, Maurizio Martina, e i parlamentari europei del Pd che avevano assicurato l’esclusione degli OGM dal negoziato TTIP.