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Trump vuole aprire alle trivelle 11 santuari marini

Nonostante gli alti costi scoraggino l'industria dal portare le trivelle nel profondo Nord, l'amministrazione USA vuole togliere protezione ai santuari marini

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Milioni di ettari di barriere coralline a rischio trivelle

 

(Rinnovabili.it) – Aprire i santuari marini alle trivelle è il nuovo progetto della Casa Bianca di Donald Trump. Dopo la marcia indietro sui tagli al carbone, che ha deviato il corso della politica statunitense dal binario su cui l’aveva indirizzata Obama, un altro colpo al cuore degli ambientalisti arriva dal Dipartimento del commercio. L’agenzia di stampa Reuters è in grado di rivelare che il segretario Wilbur Ross avrebbe inviato alla presidenza una relazione in cui suggerisce come ridisegnare il perimetro di 11 aree marine protette per favorire un aumento delle perforazioni dei fondali alla ricerca di petrolio e gas.

La relazione non è stata resa pubblica, anche se riguarda acque territoriali di proprietà dello stato. Il dipartimento ha esaminato le aree tutelate come santuari, che racchiudono 425 milioni di ettari di barriere coralline, circoscrivono habitat di numerosi mammiferi marini e conservano intatte alcune spiagge incontaminate. Ma li ha presi in esame nell’ambito di una strategia di espansione dell’industria fossile, con l’obiettivo di dare la precedenza «alle esigenze energetiche delle famiglie e delle imprese americane», come recita l’ordinanza firmata da Trump lo scorso aprile.

 

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Una mossa che non sembra avere molto senso, nemmeno dal punto di vista delle imprese. I dirigenti del settore petrolifero hanno manifestato scarso interesse per le trivellazioni nei santuari marini: non perché abbiano sviluppato una vena ecologista, ma più che altro per gli alti costi delle operazioni e per l’opposizione pubblica. Dal canto loro, le organizzazioni ambientaliste hanno chiesto che il rapporto del Dipartimento del Commercio venga trivellereso accessibile a tutti, una decisione che secondo un portavoce spetta alla Casa Bianca.

La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), ha ricevuto quasi 100 mila commenti da parte dell’opinione pubblica sui santuari marini in esame. Una maggioranza schiacciante è schierata per la conservazione dello status di aree protette. L’Ufficio di gestione dell’energia oceanica stima che la zona in questione, denominata Pacific Offshore Continental Shelf, può contenere fino a 10 miliardi di barili di petrolio. Secondo Greenpeace, due dei santuari marini nazionali i cui confini sono oggetto di revisione potrebbero contenere 3,41 miliardi di barili di greggio e 3,62 miliardi di metri cubi di gas naturale. Ma per le imprese sembra più appetibile poter espandere le concessioni già in essere, ad esempio nel Golfo del Messico, piuttosto che portare armi e bagagli nell’estremo nord. La domanda, dunque, rimane inevasa: perché Trump è così generoso se le sue elargizioni non incontrano gli interessi dell’industria?