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Trump sguinzaglia le trivelle di Eni nell’Artico

L'amministrazione Trump ha dato all'Eni il permesso di avviare le trivelle per cercare il petrolio nelle pericolose acque federali dell'Alaska

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Arrivano i permessi per le trivelle nell’Oceano Artico

 

(Rinnovabili.it) – La prima compagnia petrolifera a mettere le trivelle nei mari dell’Alaska dopo il 2015 sarà italiana. Presto infatti potrebbero iniziare i lavori di esplorazione dell’Eni nelle acque federali al largo dello stato, visto che ieri l’amministrazione Trump ha approvato i permessi di locazione che sarebbero scaduti alla fine dell’anno.

Tra questi permessi c’è anche quello per cercare petrolio da un’isola artificiale nel Mare di Beaufort, zona delicata perché vicina ad un santuario marino che Obama ha cercato di proteggere durante il suo ultimo mandato, vietando le trivellazioni. Ma Eni e gli altri giganti dell’oil&gas hanno trovato terreno fertile con l’amministrazione Trump, il cui unico obiettivo sul fronte energetico è massimizzare la produzione di combustibili fossili per uso domestico e per l’esportazione.

 

Le operazioni nel mare di Beaufort sono infatti piuttosto ardite: Eni ha intenzione di perforare il fondale dall’isola utilizzando pozzi lunghi più di 10 km. Si tratta di attività estremamente costose e potenzialmente irreparabili. Le acque gelide e le profondità a cui l’azienda intende spingersi, infatti, rendono qualunque disastro difficile da gestire.

Questo nuovo fiorire del fossile è figlio di un ordine esecutivo firmato da Trump in aprile, che ha varato la cosiddetta strategia “America First”, tra i cui rivoli vi è anche l’aumento delle trivellazioni offshore per aumentare lo sfruttamento in aree finora vietate, come l’Artico.

Le locazioni di Eni erano al di fuori di un’area protetta dall’ex presidente Barack Obama, ma il piano della compagnia di proseguire con i lavori non è stato abbandonato. Mentre Shell ha fatto scelte differenti, abbandonando nel 2015 un business che si era fatto troppo costoso, Eni continua a crederci.