(Rinnovabili.it) – La polizia cinese ha arrestato 10 funzionari d’azienda colpevoli di aver truccato i dati relativi all’inquinamento delle rispettive imprese. Lo ha annunciato ieri il Ministero della Protezione ambientale, con l’intento di sottolineare la volontà del governo di intensificare i controlli sull’industria. La comunicazione strizza l’occhio anche alle crescenti porzioni del corpo sociale che stanno mostrando un forte malcontento per la pessima qualità dell’aria – e quindi della vita – nelle grandi città cinesi.
L’esecutivo non poteva più rimanere inerte dopo che, per la prima volta, a Pechino è scattato l’allarme rosso la scorsa settimana. Una pesantissima coltre di smog avvolgeva la capitale, e l’amministrazione ha fatto scattare le misure di sicurezza: limitazioni al traffico veicolare, chiusura delle scuole e un appello del governo ai cittadini, cui è stato chiesto di interrompere «le attività all’aria aperta».
Dopo l’emergenza, il Dragone ha deciso di passare al contrattacco: otto aziende, da un impianto di depurazione nella città meridionale di Dongguan fino a una joint venture di Coca-Cola nella provincia di Gansu, sono state accusate dal Ministero della Protezione ambientale di diffondere dati falsi per ostacolare o manipolare i controlli ambientali.
A scoprire l’illegalità, speciali squadre del dicastero, deputate a implementare la normativa contro l’inquinamento. Le imprese sono state definite «senza scrupoli» per le loro falsificazioni, operate nel tentativo di eludere regole più stringenti. Ora la sorte dei funzionari finiti agli arresti è in mano ai giudici: secondo il Ministero la legge prevede pene detentive fino a sette anni per chi trasgredisce le leggi in materia di inquinamento.
Zhao Yanhong, un rappresentante della Coca-Cola in Cina, ha detto a Reuters che il caso relativo alla joint venture risale al mese di ottobre, ed è stato gestito dalle autorità regionali. Un impiegato sarebbe stato incarcerato per 5 giorni e poi rilasciato.