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Trivelle in zone a rischio sismico, il M5S chiede garanzie

Trivelle in zone a rischio sismico il M5S chiede spiegazioni

 

(Rinnovabili.it) – Niente valutazione ambientale strategica e autorizzazioni “leggere” per le trivelle, anche nelle zone a rischio sismico. Accade in Italia, dove le compagnie che sfruttano i giacimenti di petrolio e gas sono già finite nell’occhio del ciclone con il caso, controverso e mai definitivamente chiuso, del terremoto in Emilia (Leggi l’articolo di Rinnovabili.it). La cosa ha insospettito il Movimento 5 Stelle, che ha depositato un’interrogazione a prima firma Patrizia Terzoni ai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico.

Il M5S sostiene che si debba tener conto anche dei recenti studi che in Olanda hanno evidenziato la possibile correlazione tra le attività di trivellazione per l’estrazione del gas e il verificarsi di terremoti legati al fenomeno della subsidenza (abbassamento del piano di campagna), innescato dalla compattazione della “roccia serbatoio” in seguito all’estrazione del metano.

 

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«Nonostante l’Olanda sia un Paese a bassissimo rischio sismico – si legge nel testo dell’interrogazione – nell’area di Groningen, sede di un grande giacimento, sono stati registrati danni a centinaia di edifici; una commissione ha stimato che 152 mila abitazioni dovranno essere ristrutturate a causa del rischio causato dai terremoti indotti dall’estrazione per un danno stimato in circa 30 miliardi».

Danni che Shell ed Exxon, i responsabili delle attività di fracking che hanno provocato i terremoti, dovranno rifondere agli sfollati che abitavano sopra il giacimento di shale gas più grande d’Europa (leggi l’articolo di Rinnovabili.it). Per evitare di intervenire ex post, magari sulla scia di qualche nuova tragedia, i deputati chiedono che

lo studio di impatto ambientale in caso di progetti che prevedano perforazioni, estrazioni di gas metano e petrolio nonché reiniezione di fluidi nel sottosuolo, considerino obbligatoriamente gli effetti sull’attività sismica, sia per l’attivazione della subsidenza sia per altri fenomeni connessi alle sollecitazioni di faglie; se non ritengano necessario assumere iniziative per introdurre nei procedimenti valutativi l’obbligo per i proponenti di accertare lo stato del patrimonio edilizio esistente nelle aree interessate per verificarne la capacità di sopportare sismi indotti/innescati.

 

Secondo Terzoni, deputata e membro della commissione Ambiente della Camera, le società detentrici dei titoli di perforazione devono avere le «capacità tecnico/finanziarie in considerazione dei costi che la sismicità indotta/innescata potrebbe comportare per i risarcimenti dei danni a cose e/o persone».

Inoltre, l’interrogazione chiede anche «una moratoria sul rilascio di nuovi titoli minerari e di nuove autorizzazioni alle attività che possono comportare un aggravio del già pesante rischio sismico del Paese».

 

Fracking in Olanda Shell ed Exxon pagano per i terremoti_

 

Non solo a livello parlamentare, ma anche a livello locale i sospetti sui rischi dell’attività legata agli idrocarburi stanno tramutandosi in paure e indignazione. Sull’onda di una mobilitazione No Triv che ha dato una spinta decisiva all’informazione e alla protesta, anche 8 Regioni (6 a statuto ordinario e 2 a statuto speciale) hanno deciso di intraprendere la strada del referendum. Si tratta di Puglia, Molise, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Marche, Sicilia e Sardegna. Riuniti alla Fiera del Levante di Bari, i governatori hanno stabilito di «chiedere l’abrogazione, mediante referendum, delle norme, inserite nella legge ‘Sblocca Italia‘ che consentono e facilitano la ricerca e le estrazioni di petrolio sia in mare che sulla terraferma».

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