Da una denuncia dei Verdi scoppia il caso trivelle: per Di Maio e Costa la responsabilità è del precedente Governo ma quello attuale cosa ha fatto per fermarle?
(Rinnovabili.it) – Caos trivelle: nei giorni scorsi, al centro dell’attenzione mediatica e politica sono finiti tre nuovi permessi di ricerca nel mar Ionio e due rinnovi di coltivazioni in provincia di Ravenna. Verdi e Coordinamento No Triv hanno attaccato i pentastellati al Governo di aver tradito le promesse fatte in campagna elettorale; il vicepremier Luigi Di Maio insieme al sottosegretario al Mise Davide Crippa e al ministro dell’Ambiente Sergio Costa rilanciano le accuse al precedente Governo e parlano di disinformazione sistematica.
Un vero groviglio in cui è difficile mettere ordine: il “fattaccio” esce allo scoperto il 31 dicembre 2018 quando sul Buig, il Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle geo risorse, vengono pubblicate le nuove autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi nello Ionio e l’estensione per altri 20 anni dell’autorizzazione a coltivazioni di idrocarburi liquidi e gassosi nel ravennate. La prima voce ad alzarsi è quella di Angelo Bonelli, esponente dei Verdi, che denuncia le autorizzazioni e sottolinea i rischi legati all’utilizzo dell’air gun, una tecnica che combina bombe sonore e d’aria nell’esplorazione dei fondali e che rappresenta un rischio per l’integrità dei fondali marini.
Una minaccia cui risponde subito il governatore della Puglia Michele Emiliano (Pd) che annuncia battaglia: “Impugneremo le nuove autorizzazioni rilasciate dal Mise a cercare idrocarburi nel Mar Ionio. Ci siamo sempre battuti in difesa del nostro mare, e continueremo a farlo”.
“Con la legge di Bilancio Luigi Di Maio avrebbe potuto abrogare l’art. 38 della legge Sblocca Italia, voluta da Renzi che consente di unificare l’autorizzazione di ricerca con la concessione ad estrarre idrocarburi, ma come ha fatto con Ilva ha confermato per intero quello che ha fatto il precedente governo – continua Bonelli – Ricordo che Il 10 dicembre il ministero dell’ambiente ha rilasciato in un solo giorno 18 pareri favorevoli di ottemperanza alla ricerca di idrocarburi in modo particolare nel mare Adriatico, permessi che per il ministro Costa erano un atto dovuto”.
Interviene a questo punto il vicepremier Luigi Di Maio spiegando che, a suo parere, si tratta di accuse male indirizzate: “Erano state autorizzate dal Governo precedente e in particolare dal Ministero dell’Ambiente di Galletti che aveva dato una Valutazione di Impatto Ambientale favorevole – scrive in un post su Facebook il ministro del Lavoro a proposito dei 18 pareri favorevoli e delle 3 nuove autorizzazioni a trivellare – A dicembre, un funzionario del mio ministero ha semplicemente sancito quello che aveva deciso il vecchio Governo. Non poteva fare altrimenti, perché altrimenti avrebbe commesso un reato”.
Dello stesso parere anche il sottosegretario al Mise Crippa e il ministro dell’Ambiente Sergio Costa che annunciano un emendamento da inserire nel prossimo dl Semplificazioni per bloccare l’iter di questi e altri 40 titoli pendenti. Aggiungono poi che nei primi otto mesi del Governo del cambiamento l’attività congiunta del Mise e del Ministero dell’Ambiente avrebbe bloccato numerose nuove richieste oltre ad accogliere favorevolmente le rinunce alle trivellazione inoltrate da diverse compagnie petrolifere.
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Un mare di accuse e contro accuse in cui interviene a fare chiarezza Enzo Di Salvatore, costituzionalista e cofondatore del Movimento No Triv: “Trovo che quelle dichiarazioni (le contro accuse dei pentastellati, ndr) offendano l’intelligenza di coloro che alla causa no Triv hanno dedicato per molti anni il proprio impegno civile”. In un lungo post sulla sua pagina Facebook, Di Salvatore sottolinea l’assurda linea di difesa adottata dal vicepremier Di Maio che prima elogia l’operato di chi al Mise e al Ministero dell’Ambiente avrebbe fermato le nuove richieste di trivellazione (di cui non v’è traccia nel Buig in questi primi otto mesi di Governo Lega-M5S) e contemporaneamente ammette che non era possibile bloccare le tre autorizzazioni oggetto del contendere perché si sarebbe commesso un reato.
Ancora, Di Salvatore scioglie l’equivoco su cui si basa la linea di difesa del vicepremier ovvero che a firmare le autorizzazioni sia stato un funzionario del Mise costretto a ratificare quanto già deciso dal Governo precedente: “Non è così – spiega il cofondatore del Movimento No Triv – I tre permessi (più la concessione e la proroga della concessione) sono stati firmati dal suo ministero (del vicepremier Luigi Di Maio, ndr). Non dal funzionario, ma dal dirigente competente”. “Di Maio gioca con un equivoco, che finisce per confondere chi legge: un conto è il piano politico, altro quello amministrativo – continua Di Salvatore – Politicamente è compito del Governo o del Parlamento adottare un atto normativo per bloccare i procedimenti; amministrativamente è compito del dirigente competente firmare i permessi e le autorizzazioni. Quindi, delle due l’una: se questo Governo non ha responsabilità politiche perché la firma su quei permessi ce l’ha messa un dirigente, allora neppure il Governo precedente ha alcuna responsabilità politica per aver avviato i procedimenti come prevede la Legge quando arriva una richiesta. Se invece si sostiene che il Governo precedente sia politicamente responsabile per aver consentito l’avvio dei procedimenti allora lo è altrettanto il Governo in carica per aver consentito che venissero firmati a dicembre i tre permessi per cercare idrocarburi nello Ionio”.
Una sorta di scarica barile che sembra coinvolgere un po’ tutti, Governo attuale quanto quello precedente e che descrive benissimo l’urgenza, sottolineata proprio da Di Salvatore in conclusione del suo intervento, che qualcuno decida di assumersi la “responsabilità politica di una decisione sulle trivelle”.