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Trivelle, referendum: votare SÌ è un atto dovuto

Trivelle referendum votare SÌ è un atto dovuto

 

(Rinnovabili.it) – Sappiamo che il mare vicino alle trivelle è inquinato da sostanze cancerogene in due casi su tre. Sappiamo che il petrolio recuperabile (se fosse destinato interamente all’autotrazione) soddisferebbe il consumo italiano per appena 7 settimane. Sappiamo che In Italia le compagnie pagano il 10% di royalties, contro l’80% chiesto da Norvegia e Russia, e non versano nulla se tirano fuori meno di 20 mila tonnellate di idrocarburi in terra e 50 mila in mare. Sappiamo che per fermare cambiamenti climatici devastanti dobbiamo chiudere i rubinetti del petrolio e aprire la porta alle rinnovabili.

Ci serve altro per votare sì al referendum del 17 aprile?

Era un po’ questo il senso della conferenza stampa tenutasi alla Camera questa mattina, momento in cui il Comitato promotore della consultazione ha illustrato i contenuti della campagna referendaria e il nuovo simbolo. A comporre il Comitato sono i rappresentanti Consigli regionali di Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto, insieme al comitato nazionale “Vota Sì per fermare le trivelle“, costituito dalle realtà associative e culturali, delle imprese della green economy, del turismo, dell’agricoltura e del settore del mare.

 

Che cosa dice il quesito sulle trivelle

Trivelle, referendum votare SÌ è un atto dovuto 5I promotori chiedono di eliminare la norma che permette alle società petrolifere di cercare ed estrarre idrocarburi entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza nessuna scadenza. In futuro non potranno più chiedere concessioni, ha stabilito il governo, ma ai titoli abilitativi già rilasciati ha tolto la data di scadenza. Perciò il quesito propone quanto segue:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».

Per abrogare la norma è necessario votare sì. Il voto si terrà domenica 17 aprile in tutta Italia. Possono esprimersi anche gli italiani all’estero.

 

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Un referendum politico

«Il referendum ha un valore politico per mettere gli italiani in condizione di scegliere, dopo la Conferenza di Parigi, quale politica energetica adottare», ha tenuto a sottolineare Piero Lacorazza, presidente del Consiglio regionale della Basilicata e convinto sostenitore dei No Triv.

Secondo Lacorazza «il referendum non metterà a rischio nessun posto di lavoro. Anche per questa ragione faccio un appello ai parlamentari per chiedere di promuovere il referendum e mandare i cittadini alle urne».

Il tempo è pochissimo, complice anche l’accelerata del governo spalleggiata dal presidente della Repubblica. Mattarella non ha atteso il pronunciamento della Corte costituzionale, che arriverà mercoledì 9 marzo, su due quesiti ancora in sospeso. Anche se la Consulta ammetterà i quesiti oggetto di ricorso, essi saranno oggetto di un’altra consultazione (con ulteriori costi a carico dei contribuenti). Mancano infatti i 45 giorni da destinare per legge alla campagna referendaria.

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