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Trivelle, solo il referendum può evitare l’infrazione europea

La norma oggetto del referendum sulle trivelle potrebbe violare le normative Ue sulla concorrenza. Se non verrà abrogata, rischiamo la sanzione

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(Rinnovabili.it) – Oltre al danno, la beffa. Se il referendum sulle trivelle non raggiungerà il quorum, gli italiani rischiano non solo che le piattaforme marine entro le 12 miglia restino piazzate in acqua per tempi biblici, ma anche di dover pagare una multa all’Europa.

Il motivo è semplice: l’emendamento alla Legge di stabilità che il quesito referendario intende modificare, prolunga i titoli abilitativi già rilasciati (nelle acque territoriali) «per la durata di vita utile del giacimento». Questa formula cancella la legislazione precedente, che prevedeva concessioni di 30 anni, prorogabili tre volte per 10, 5 e 5 anni. Dunque una data di scadenza sulle trivelle c’era,  almeno prima del pasticcio governativo che può regalare il mare alle compagnie petrolifere. La misura, però, può configgere con la normativa europea sulla libera concorrenza.

Il rischio che l’articolo della Legge di stabilità in questione sia illegittimo, lo aveva già previsto il costituzionalista Enzo Di Salvatore, tra i coordinatori del Movimento No Triv, in un articolo per Rinnovabili.it.

 

Trivelle solo il referendum può evitare l'infrazione europea 3Ora vogliono vederci chiaro anche al Parlamento europeo, dal momento che Barbara Spinelli, eurodeputata del GUE/NGL, ha inviato una interrogazione alla Commissione europea, chiedendo di valutare se la disposizione governativa violi «la Convenzione di Aarhus e la direttiva 94/22/CE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e se intenda promuovere una procedura di infrazione contro l’Italia e se, in ogni caso, intenda esortare il governo italiano a modificare tale comma. […] Tale norma è sospetta di illegittimità, poiché una durata a tempo indeterminato delle concessioni violerebbe le regole del diritto Ue sulla libera concorrenza e in quanto l’Italia non ha rispettato i propri obblighi, sanciti dalla stessa Convenzione, di consentire la partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale nell’adozione della disposizione in esame».

La situazione è tanto paradossale che il referendum del 17 aprile assume una doppia funzione: oltre consentire, come per tradizione, l’espressione democratica dei cittadini, potrebbe evitare un salasso multimilionario delle loro tasche, sanando l’illegittimità di una norma voluta dal governo.