La norma oggetto del referendum sulle trivelle potrebbe violare le normative Ue sulla concorrenza. Se non verrà abrogata, rischiamo la sanzione
(Rinnovabili.it) – Oltre al danno, la beffa. Se il referendum sulle trivelle non raggiungerà il quorum, gli italiani rischiano non solo che le piattaforme marine entro le 12 miglia restino piazzate in acqua per tempi biblici, ma anche di dover pagare una multa all’Europa.
Il motivo è semplice: l’emendamento alla Legge di stabilità che il quesito referendario intende modificare, prolunga i titoli abilitativi già rilasciati (nelle acque territoriali) «per la durata di vita utile del giacimento». Questa formula cancella la legislazione precedente, che prevedeva concessioni di 30 anni, prorogabili tre volte per 10, 5 e 5 anni. Dunque una data di scadenza sulle trivelle c’era, almeno prima del pasticcio governativo che può regalare il mare alle compagnie petrolifere. La misura, però, può configgere con la normativa europea sulla libera concorrenza.
Il rischio che l’articolo della Legge di stabilità in questione sia illegittimo, lo aveva già previsto il costituzionalista Enzo Di Salvatore, tra i coordinatori del Movimento No Triv, in un articolo per Rinnovabili.it.
La situazione è tanto paradossale che il referendum del 17 aprile assume una doppia funzione: oltre consentire, come per tradizione, l’espressione democratica dei cittadini, potrebbe evitare un salasso multimilionario delle loro tasche, sanando l’illegittimità di una norma voluta dal governo.