(Rinnovabili.it) – Election day o morte. Il referendum sulle trivelle dovrà tenersi lo stesso giorno del primo turno di elezioni amministrative, o sarà uno sperpero di denaro inutile che avrà come unico scopo quello di ridurre la partecipazione pubblica. È quanto emerso dalla conferenza stampa di questa mattina alla Camera dei Deputati, organizzata dalla Fondazione UniVerde, che ha visto la partecipazione della coalizione No Triv e di alcuni deputati, firmatari di una mozione parlamentare che impegna il governo ad accorpare i due momenti elettorali. A sperare che sia calendarizzata al più presto sono circa in 50, tra cui un esponente della maggioranza Pd, Angelo Capodicasa.
La pressione sull’esecutivo aumenta quotidianamente da ogni parte: movimenti, Parlamento, Consigli regionali. Il presidente della Basilicata, Piero Lacorazza, ha esortato il governo a «superare gli ostacoli tecnici per garantire la più ampia partecipazione». Durante il question time di ieri alla Camera, infatti, il ministro dell’Interno Alfano ha opposto «difficoltà tecniche» nell’organizzare un election day, sostenendo che servirebbe «una legge ad hoc».
Il referendum, che ha ricevuto il via libera della Corte Costituzionale il 19 gennaio scorso, verterà su almeno uno dei sei quesiti proposti dal Movimento No Triv. Si tratta di quello che prevede l’abrogazione dell’esenzione dal divieto di ricerca e coltivazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine per i procedimenti concessori in corso al 26 agosto 2010, e per i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi a titoli abilitativi.
Enzo Di Salvatore, costituzionalista e autore dei quesiti referendari, informa che «la sentenza sarà comunicata a tutte le istituzioni entro il 7 febbraio. A quel punto, il Capo dello Stato deve indire una data. Già dal prossimo Consiglio dei Ministri credo che sarà presa una decisione e, come diceva il Ministro Alfano, dovrebbe essere preparata una norma ad hoc».
Vi è inoltre la possibilità che la Consulta, chiamata ad esprimersi sul ricorso per conflitto di attribuzione promosso da sei Regioni (Basilicata, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto), recuperi altri due quesiti referendari: quello relativo alla proroga dei titoli sulla terraferma e quello sul Piano delle aree.