Enzo Di Salvatore (No Triv): la legge italiana viola palesemente il diritto europeo e la Commissione UE, che non è neppure d’accordo con se stessa, non ne trae le dovute conseguenze
(Rinnovabili.it) – Prese una per una, le dichiarazioni di Bruxelles su proroghe eterne e concorrenza non fanno troppo clamore. Quando si rimettono insieme i pezzi del puzzle, però, il quadro diventa decisamente più chiaro. Però nessuna autorità politica, né italiana né europea, dimostra di voler agire di conseguenza. Succede in questi giorni con la questione delle trivelle, che dopo il fallimento del referendum è lontana dai riflettori ma tutt’altro che morta e sepolta. La questione che è tornata ad essere centrale in questi giorni è quella delle proroghe sine die: sono in contrasto o no con il libero mercato e la concorrenza?
La Commissione di recente ha risposto a un’interrogazione presentata nel mese di aprile dall’europarlamentare Barbara Spinelli, con la quale si chiedeva se l’Italia, stabilendo che le compagnie petrolifere possano estrarre senza limiti di tempo, non violasse le regole europee sulla libera concorrenza. Il commissario per l’Ambiente Karmelu Vella, dopo aver precisato che in questa fase non vi sia “una potenziale violazione del diritto ambientale dell’Unione”, né una violazione della Convenzione di Aarhus, ha affermato che la legge italiana non viola la normativa europea in materia di concorrenza, in considerazione della modesta produzione di idrocarburi in Italia, che “non dovrebbe peraltro avere un impatto considerevole sulla concorrenza nei mercati internazionali degli idrocarburi”.
Anche sulle trivelle non può esistere proroga sine die
Fin qui sembra che il coordinamento nazionale No Triv si debba mettere il cuore in pace. La seconda parte della risposta, però, è di tono ben diverso. Il commissario Vella ha sostenuto che l’Italia “deve garantire che la durata delle autorizzazioni” per la prospezione, ricerca ed estrazione di gas e petrolio “non superi il periodo necessario per portare a buon fine le attività per le quali esse sono state concesse” e che “tuttavia le autorità competenti possono prorogare la durata delle autorizzazioni se la durata stabilita non è sufficiente per completare l’attività in questione e se l’attività è stata condotta conformemente all’autorizzazione”.
In altre parole: non possono esserci estrazioni in eterno e lo strumento della proroga è soltanto una eventualità, non costituisce un diritto e pertanto va rinnovata (nel caso) di volta in volta. Perciò, concludono i No Triv, la proroga sine die imposta dal governo non è accettabile.
Sulla stessa linea andava una recentissima sentenza della Corte europea di giustizia relativa alle concessioni demaniali, che il Coordinamento considera un caso analogo alle trivelle perché sempre di concessioni sine die si tratta e che, sempre secondo i No Triv, dovrebbe per coerenza spingere l’UE ad aprire una procedura di infrazione contro l’Italia.
Si arriva così, dopo aver unito qualche pezzo del puzzle, ad una situazione paradossale. “Insomma – chiosa Enzo Di Salvatore, costituzionalista e promotore del referendum sulle trivelle del 17 aprile – la legge italiana viola palesemente il diritto europeo e la Commissione UE, che non è neppure d’accordo con se stessa, non ne trae le dovute conseguenze”.