(Rinnovabili.it) – Mettere un freno alla corsa alle fonti fossili nella penisola e restituire voce alle regioni in materia di trivelle. Lo chiedono oltre 130 realtà sociali (tra associazioni ambientaliste, organizzazioni nazionali e comitati locali) e più di 120 personalità con un appello nazionale. Lo strumento è quel Piano Regionale delle Aree da sottrarre alle attività dell’oil&gas, che fu stralciato dalla legge di stabilità 2016. Una richiesta che arriva dopo l’annuncio di una prossima revisione della Strategia Energetica Nazionale da parte del ministro Calenda.
“Le cronache delle ultime settimane – si legge nell’appello – danno ulteriore conferma del fatto che nessuna delle aree del Paese tra quelle indicate nella Strategia Energetica Nazionale 2013 è risparmiata da questa irrefrenabile corsa alle fonti fossili: dal Canale di Sicilia fino alla Val Padana, transitando per la dorsale appenninica – zone terremotate incluse . Non vi è palmo del territorio della Repubblica che si possa ritenere al riparo dall’insediamento di nuove trivelle o di nuove grandi opere inutili, dispendiose ed impattanti”
Per i promotori la bocciatura del referendum costituzionale va letta anche come una presa di posizione di milioni di cittadini contro l’estromissione delle comunità locali e delle regioni dalle decisioni che riguardano i progetti “petroliferi” e le infrastrutture energetiche. Tra le modifiche costituzionali bocciate figura infatti la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni. “La reintroduzione del Piano delle Aree e, quindi, la necessità di far partecipare attivamente le Regioni alla redazione dello strumento – continuano i firmatari dell’appello – non è solo atto politicamente ma anche costituzionalmente dovuto in quanto la materia “governo del territorio” è rimasta di competenza concorrente, unitamente a quella energetica”.
Un appello rivolto alle regioni, affinché riportino il Piano delle Aree al centro del dibattito politico – anche a livello nazionale – e spingano per ripristinarlo. Il Piano dovrebbe diventare, nelle intenzioni dei promotori, lo strumento di pianificazione in grado di identificare quali aree del territorio e del mare debbano essere definitivamente e stabilmente sottratte alla disponibilità delle compagnie petrolifere. Tra gli obiettivi figurano infatti la revisione della normativa riguardante l’acquisizione dei titoli minerari, la ricerca, l’estrazione a fini produttivi, lo stoccaggio ed il trasporto di gas e di petrolio. Ma anche evitare che ogni esecutivo possa stravolgere con troppa facilità decisioni di governo del territorio prese in precedenza.
“Non bisogna dimenticare, infatti, che in una delle prime bozze dello Sblocca Italia, seguendo una logica avulsa da qualsiasi disegno programmatico, il Governo aveva previsto che potessero essere aperte alle attività estrattive persino il Golfo di Napoli, il Golfo di Salerno e l’area marina delle Isole Egadi. Nelle intenzioni dei proponenti il varo di un Piano delle Aree avrebbe dovuto costituire un argine, seppur debole, a quegli imprevedibili cambi di rotta da parte del Governo di turno”