(Rinnovabili.it) – Niente trivelle alle isole Tremiti. È questa in sintesi la notizia lanciata ieri da Reuters, che riporta la decisione della compagnia petrolifera irlandese Petroceltic di rinunciare alla ricerca di idrocarburi a due passi dall’arcipelago e dal parco del Gargano. Un’altra vittoria per il movimento No Triv, aiutato nella battaglia contro lo sfruttamento dell’ecosistema marino da un crollo dei prezzi del petrolio e dai continui aggiustamenti alla normativa cui è stato costretto il governo in seguito alla sollevazione popolare.
«Il governo non ha mai avuto intenzione di svendere il nostro mare – ha tentato di giustificarsi il nuovo vice ministro dello Sviluppo Economico, Teresa Bellanova – Ha lavorato su questo argomento con serietà e una grande attenzione al patrimonio ambientale del nostro Paese. Finito di distribuire torti e responsabilità, è il momento che le istituzioni lavorino tutte in questa direzione. Ambiente, sviluppo e lavoro devono poter coesistere».
Era stato proprio il MiSE a rilasciare il permesso alla compagnia, per una cifra annua inferiore ai 2 mila euro. Nonostante il trattamento di favore, la Petroceltic ha presentato istanza di rinuncia in merito al permesso di ricerca relativo ad un’area che, spiegano dal Coordinamento nazionale No Triv, «interferisce per 400 metri con le aree interdette alle attività petrolifere», un fatto che ne avrebbe decretato una possibile sconfitta nel procedimento aperto presso il Tar del Lazio.
A livello economico, l’azienda è alla canna del gas, falcidiata dai debiti e da un crollo del 90% delle sue azioni nell’ultimo anno. Le incertezze dovute al mutamento del mercato globale, unite alla situazione italiana a seguito del via libera della Consulta al referendum sulle trivelle, hanno persuaso gli irlandesi a fare fagotto.
Ora i movimenti possono tirare un sospiro di sollievo, ma la mobilitazione è destinata a proseguire. Proprio stamattina, infatti, dalle 11 alle 14 va in scena un sit-in davanti a Montecitorio per chiedere al Governo di indire un election day accorpando il referendum No Triv al primo turno delle prossime elezioni amministrative, previste a giugno. La scelta non piace all’esecutivo, perché faciliterebbe il raggiungimento del quorum. Tuttavia, permetterebbe anche un risparmio stimato sui 3-400 milioni di euro. In tempi di sbandierata spending review, sarebbe incoerente dilapidare un simile gruzzoletto.