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Trivelle, il Pd schierato per l’astensione al referendum

Il partito di Renzi chiederà agli elettori di “andare al mare”. Ma se il referendum sulle trivelle fallisce, l’Italia rischia la procedura di infrazione

Trivelle il Pd schierato per l’astensione al referendum

 

(Rinnovabili.it) – Coerenza vorrebbe che il Partito democratico di Matteo Renzi, il quale tanto si è speso per far fallire il referendum sulle trivelle, si schierasse per un secco No alla consultazione. Ma in questo modo dovrebbe invitare i suoi elettori a recarsi alle urne per rigettare il quesito del Movimento No Triv, faciliterebbe il raggiungimento del quorum. La realtà è che il Pd non ha alcuna intenzione che si arrivi alla fatidica quota del 50% più uno degli elettori necessaria a rendere valido il voto. Ecco perché, come si legge in un documento pubblicato sul sito dell’AgCom, la posizione è quella che tutti si aspettavano: astensione.

trivelle Pd schierato per l'astensione al referendumMentre i vice segretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini hanno definito «inutile» la consultazione e il presidente della commissione Ambiente, Ermete Realacci, non ha ancora fatto sapere come la pensa, il capo della minoranza del partito, Roberto Speranza, ha subito manifestato il suo mal di pancia: «Apprendo dal sito dell’Agcom che il Pd avrebbe assunto la posizione dell’astensione al referendum di aprile sulle trivelle in mare. Spero che ciò non sia vero. È una posizione che non condivido affatto e che non credo possa essere compresa da una parte significativa dei nostri elettori».

 

In effetti, come chiarisce Enzo di Salvatore, costituzionalista che ha redatto il quesito referendario, «quali argomenti ha intenzione di spendere chi fa campagna per l’astensione? Molto probabilmente quelli del No. E perché, allora, il Pd non ha il coraggio di schierarsi contro il referendum apertamente? Mi sembra una posizione pilatesca».

Oltretutto, la norma che la consultazione si propone di abrogare, va in diretto conflitto con il diritto dell’Unione europea, esponendo il nostro Paese ad una procedura di infrazione. Il governo, estendendo senza limiti la durata dei titoli per cercare ed estrarre idrocarburi in mare, viola la direttiva 94/22/CE (recepita dall’Italia con d.lgs. 25 novembre 1996, n. 625). Essa, come anticipava lo stesso Di Salvatore in un articolo per Rinnovabili.it, prescrive che «la durata dell’autorizzazione ‘non superi il periodo necessario per portare a buon fine le attività per le quali essa è stata concessa’, e che solo in via eccezionale (e non in via generale e a tempo indeterminato!) il legislatore statale possa prevedere proroghe della durata dei titoli abilitativi».

 

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Secondo quanto si apprende, almeno un Parlamentare europeo starebbe predisponendo l’interrogazione parlamentare che può consentire alla Commissione l’avvio della procedura di infrazione, mentre una associazione italiana starebbe redigendo una denuncia che ha lo stesso intento.

Se l’Italia fosse condannata, le concessioni tornerebbero di nuovo a scadere secondo la data originariamente prevista. Esattamente quello che propone il referendum abrogativo. «In sostanza – spiega il costituzionalista – il Pd nasconde la testa sotto la sabbia, esponendo il Paese a una sanzione minima di 10 milioni di euro, con una penalità di mora che può arrivare fino a 700 mila euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento».

L’astensione del Pd, pertanto, potrebbe avere il duplice effetto di rinviare l’abolizione di una legge contraria al diritto Ue e riversarne il costo sui contribuenti italiani.