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Trivelle nell’occhio del ciclone secondo il Nimby Forum

Trivelle nell’occhio del ciclone secondo il Nimby Forum

 

(Rinnovabili.it) – È il comparto energetico, e in particolare quello dei combustibili fossili, la prima causa di contestazioni nel nostro Paese. Ne è un esempio la battaglia nazionale contro le trivelle scatenate dallo Sblocca Italia, nata dall’aggregazione di numerosi movimenti locali contro lo sfruttamento delle risorse e l’impoverimento dell’ambiente. Lo dimostrano i dati raccolti nel decimo rapporto dell’Osservatorio Nimby Forum, presentato in questi giorni a Roma. I casi di opere infrastrutturali contestate in Italia sono stati 355, il 5% in più rispetto all’anno prima, quando erano state 336. Il rapporto gode del sostegno di grandi aziende come Asja, MM, Sogin, Tap e Terna, fatto che implica una lettura improntata alla «pubblica utilità» delle grandi opere.

In numeri assoluti, sono 222 gli impianti energetici che scontentano l’opinione pubblica, con un incremento del 4,2% rispetto al 2013. In parallelo alle politiche di facilitazione messe in campo dal governo per l’estrazione degli idrocarburi, sono cresciuti i focolai di protesta contro strutture o progetti di ricerca, passando dai 10 del 2013 ai 32 del 2014. In sostanza, quasi un focolaio di protesta su 10 in Italia è stato innescato dall’arrivo delle trivelle. Cresce anche l’opposizione alle centrali a biomasse e gli impianti idroelettrici, che impattano sulle forniture idriche delle comunità locali.

 

Trivelle nell’occhio del ciclone secondo il Nimby Forum 2Nel 2014, dice il rapporto, la cosiddetta “sindrome Nimby” – termine ormai riduttivo e superato per gran parte della sociologia contemporanea – si diffonde prevalentemente attraverso comitati e movimenti di iniziativa popolare. Le loro proteste, nel 32,5% dei casi, troverebbero sponda nei rappresentanti della politica nazionale e degli enti pubblici.

A livello regionale, il rapporto sottolinea una diversa densità tra nord e sud del Paese: le sole Lombardia e Veneto ospitano il 29% delle contestazioni, contro il 21,6% di tutte le regioni del Sud. Al primo posto tra le motivazioni della contestazione c’è l’impatto sull’ambiente (38,97% sul totale), con un deciso balzo in avanti (+89% rispetto al 2013).

Per quel che riguarda la comunicazione, secondo l’Osservatorio il fenomeno “Nimby” starebbe migrando sui social network più che radicarsi nei territori. Il think tank ritiene che gli incontri pubblici e le manifestazioni o sit-in (rispettivamente 21,8% e 17% sul totale) stiano diminuendo, mentre cresce del 6% la comunicazione via internet. In realtà soprattutto nel caso del movimento No Triv, le occasioni di protesta pubblica sono piuttosto partecipate, con persone pronte a spostarsi lungo la penisola e una buona coesione interna. Il fronte contro le trivelle potrebbe trasformarsi progressivamente in un altro grande polo di protesta, simile al No Tav ma radicato soprattutto al Sud.

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