(Rinnovabili) – Via libera alle trivelle nei parchi italiani. Un emendamento introdotto ieri sfigura la riforma delle aree protette in esame alla Camera e potrebbe essere una manna per le compagnie petrolifere. L’articolo della legge nasce per vietare le trivellazioni in queste zone, ma raggiunge nei fatti l’obiettivo opposto. Vengono aggiunte poche, semplici parole: «fatte salve le attività in corso e quelle strettamente conseguenti». Senza alcun limite di tempo.
«È giusto salvare i titoli già rilasciati – dichiara Enzo di Salvatore, costituzionalista e coordinatore del Movimento No Triv – Ma non essendo specificato nulla rispetto alle proroghe, in questo caso pare che i titoli siano prorogabili all’infinito».
Un vero e proprio assist alle imprese dell’oil&gas, che potranno mettere radici in tutte le aree naturali protette d’Italia, senza essere costrette dalla legge a smobilitare una volta conclusa la vita utile del giacimento.
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«L’emendamento introdotto dalla maggioranza risulta contraddittorio rispetto alla ratio della riforma – prosegue Di Salvatore – Invece di introdurre un divieto di prospezione, ricerca ed estrazione degli idrocarburi, si ottiene l’effetto contrario. Con il gioco delle proroghe l’attività petrolifera può proseguire senza limiti di tempo».
Anche il Movimento 5 Stelle ha criticato l’emendamento: «I petrolieri alzano il telefono e il governo ottempera prontamente. Si potranno riavviare permessi già ottenuti, proseguire con quelli a metà, trivellare e distruggere definitivamente il patrimonio ambientale italiano. Il governo con questo articolo firma un assegno in bianco e lo offre ai petrolieri».
Tra i pozzi nelle aree protette vi sono, ad esempio, quelli di Eni in Val d’Agri. Il 6 maggio, l’azienda ha ammesso una perdita del serbatoio D del centro oli, che da agosto a novembre 2016 avrebbe rilasciato circa 400 tonnellate di liquido. La contaminazione coinvolgerebbe seimila metri quadri, secondo quanto affermato dall’Eni.