Emendato il ddl Aree protette: tutela dei parchi o delle trivelle?
(Rinnovabili.it) – La Camera dei deputati ha approvato ieri con 235 favorevoli, 137 contrari e 7 astenuti l’emendamento al ddl Aree Protette così come era stato votato dalla Commissione Ambiente il 17 maggio. Un verdetto pesante, dal momento che su questo provvedimento, sostenuto da deputati come Ermete Realacci ed Enrico Borghi si sono concentrate le critiche dei movimenti ambientalisti e dell’opposizione, che lo hanno ribattezzato emendamento “salva trivelle“.
Il testo prevede che saranno vietate nel territorio dei Parchi e nelle aree contigue, «le attività di prospezione, ricerca, estrazione e sfruttamento di idrocarburi liquidi e gassosi», ma saranno «fatte salve le attività estrattive in corso e quelle ad esse strettamente conseguenti».
Secondo il relatore, Enrico Borghi (Pd), «l’emendamento fa salve unicamente le attività estrattive di idrocarburi già esistenti e le sole attività strettamente collegate alle estrazioni in corso, quali, ad esempio, le attività di messa in sicurezza o di manutenzione di pozzi esistenti, oltre ovviamente al ripristino ambientale. Pertanto a mio giudizio la norma vieta nuova ricerca, nuove estrazioni e nuove prospezioni».
>> Leggi anche: Trivelle per sempre nei parchi italiani <<
E in un certo senso ha ragione, ribattendo alle accuse del Movimento 5 Stelle che individuava nel testo una vaghezza tale da poter aprire a nuove attività di prospezione, ricerca e coltivazione.
Ma l’emendamento presenta comunque alcune forti criticità, secondo il costituzionalista Enzo Di Salvatore, tra i coordinatori del Movimento No Triv ed estensore dei quesiti referendari sulle trivellazioni petrolifere che hanno portato alla consultazione del 17 aprile 2016. Il professore ha spiegato che «l’emendamento approvato ieri è di per sé giusto: lo scopo è quello di vietare le attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi nei parchi. E le attività ‘strettamente conseguenti’ di cui si parla non possono essere – come il M5S ha sostenuto – quelle di ricerca del gas e del petrolio per la semplice ragione che, come chiunque intende, si tratta di attività che precedono, e non seguono, quelle di estrazione. Il problema è un altro ed è serio: nella disposizione non si precisa che le attività in corso non possano essere prorogate. Questo rende insoddisfacente la previsione normativa, poiché non conforme al nobile obiettivo di tutelare parchi e aree protette».
In pratica, manca la data di scadenza alle trivelle, e queste potranno restare all’interno delle aree protette senza più limiti di tempo. La cosa cozza con la ratio del provvedimento, che introdurrebbe il divieto per ragioni di carattere ambientale senza però impedire le proroghe dei titoli già rilasciati.
«Quella norma si giustifica in quanto si ritiene che vi siano ragioni ambientali che devono prevalere su quelle di carattere economico. Questa prevalenza va, tuttavia, bilanciata con un altro principio: quello del legittimo affidamento. Le società petrolifere hanno investito sulla base di una concessione a suo tempo rilasciata e hanno fatto affidamento su di essa. Ma l’affidamento riguarda la concessione con la data di scadenza originaria, non le proroghe».
E questo anche se il giacimento non fosse esaurito, perché «in relazione alle riserve accertate, ma non ancora estratte, tornerebbero a prevalere le ragioni di carattere ambientale – precisa Di Salvatore – Se si ritiene che queste ragioni vi siano, la norma non giustifica le proroghe».