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Trivelle, il MiSe condona le concessioni illegali?

Per anni le trivelle hanno goduto di una gestione allegra, operando senza autorizzazione in attesa della proroga. Adesso sta per arrivare la sanatoria

Trivelle il MiSe condona le concessioni illegali

 

(Rinnovabili.it) – La battaglia sulle trivelle non inizia e non finisce con il referendum. Il movimento No Triv ha infatti chiamato il governo a rispondere puntualmente di un caso scoppiato giorni prima: alcune concessioni entro le 12 miglia sono scadute da anni, eppure le piattaforme sono rimaste lì senza essere autorizzate. Da via Veneto smentiscono la denuncia del movimento, secondo cui vi sarebbero ben 24 piattaforme marine, afferenti a 5 delle 44 concessioni entro le 12 miglia, che avrebbero continuato ad operare per settimane, mesi o addirittura anni nella fascia di mare tra Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo e Marche, senza aver ricevuto il rinnovo.

Altre 9 piattaforme, su 4 concessioni non produttive, sono rimaste in mare dopo la data di scadenza. Per tutte le concessioni (produttive e non), le società petrolifere hanno chiesto da tempo di estendere la durata del titolo, ma il Ministero dello Sviluppo economico non ha mai risposto, lasciando così che si continuasse ad estrarre gas e petrolio senza autorizzazione. Ora, il MiSe fa sapere che la valutazione delle richieste è un processo lungo e complesso, ma «un’apposita legge prevede che durante tale istruttoria prosegua l’attività estrattiva».

La domanda è: quale?

 

Trivelle il MiSe condona le concessioni illegali 3Se l’è posta per primo Enzo Di Salvatore, costituzionalista che ha redatto i quesiti referendari oggetto della consultazione di domenica scorsa: «Il comunicato del MiSe è contraddittorio – obietta Di Salvatore – Prima si dice che non ci sono attività non autorizzate, poi si afferma che comunque si può continuare ad estrarre nell’attesa che sia rilasciata la proroga. Quale sarebbe la legge cui il Ministero fa riferimento?».

Il sistema delle proroghe è disciplinato dalla legge n. 9 del 1991, modificata nel ’96. Ma dopo l’approvazione della legge di stabilità, la fascia delle 12 miglia marine non ricade più nella disciplina generale. Ora «i titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento». Con questa dicitura, è stata tolta qualsiasi data di scadenza alle concessioni in mare entro le acque territoriali, e quindi anche la necessità di dover richiederne di volta in volta il rinnovo. Ma se la nuova legislazione venisse applicata anche ai 9 titoli scaduti, sarebbe un condono coi fiocchi: una situazione di illegalità verrebbe sanata grazie al cambio delle norme.

 

Da anni il sistema è gestito in maniera piuttosto “allegra”: basta infatti una rapida verifica per scoprire che è sempre stata prassi del MiSe accordare proroghe con effetto retroattivo anche un anno e mezzo dopo la scadenza dei termini.

La legge di stabilità è un capolavoro di vaghezza: essa modifica la norma sulle 12 miglia come introdotta dal governo Berlusconi (2010) e successivamente modificata dal governo Monti (2012), che vietava il rilascio di nuove concessioni entro le acque territoriali, ribadendo la salvezza dell’«efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati».

 

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Nella nuova formulazione, invece, vengono fatti salvi «i titoli abilitativi già rilasciati», senza riferimento alla loro efficacia: forse che con questa mossa il governo abbia inteso salvare anche le concessioni già scadute?

Il costituzionalista Di Salvatore è convinto che il riferimento a “titoli abilitativi già rilasciati” «non possa che essere relativo solo a titoli vigenti, e dunque efficaci». Difatti, se non abilitano le compagnie allo sfruttamento di un giacimento, a che cosa mai dovrebbero abilitare? Dunque non basta eliminare la parola “efficacia” per salvare capra e cavoli. Il destino delle concessioni scadute potrebbe essere segnato, e le piattaforme smantellate. Pena una diffida, che il movimento sta preparando.

«Quelle concessioni vanno chiuse tutte – dichiara Enrico Gagliano, coordinatore del movimento No Triv – Le compagnie non hanno alcun diritto di ottenerne il rinnovo: la legge prevede il ripristino dello stato dei luoghi una volta cessati i termini. Altrimenti il divieto di nuove attività entro le 12 miglia, attualmente in vigore, potrebbe essere tranquillamente aggirato da chiunque abbia interesse a riportare in vita decine e decine di titoli scaduti da diversi anni».