(Rinnovabili.it) – Trivelle, miniere e deforestazione minacciano quasi metà dei siti definiti Patrimonio Mondiale. Lo afferma il WWF in uno studio pubblicato oggi. Si va dalla Grande barriera corallina australiana alla città di Machu Picchu in Perù. Per questo l’organizzazione ambientalista ha esortato le Nazioni Unite a dichiarare tali siti, unici al mondo per biodiversità e patrimonio naturale, zone “no go” per le aziende private.
Sono 114 su 229, nello specifico, i luoghi minacciati dalle imprese di estrazione del petrolio e del gas, dalle attività minerarie, dalla pesca, dal taglio illegale di legname. Tra questi, 12 si trovano negli Stati membri dell’Unione europea, e sono aree protette dalle Direttive comunitarie. Perfino il delta del Po e la laguna di Venezia sono state inserite nella lista, che comprende le barriere coralline del Belize, la foresta pluviale di Sumatra, la riserva di Selous in Tanzania, il Lago Turkana in Kenya e molti altri ecosistemi.
In queste zone, 11 milioni di persone che dipendono dalle risorse di foreste, laghi e fiumi subirebbero ricadute negative dallo sfruttamento da parte dell’industria. Potrebbero veder pregiudicati i loro mezzi di sostentamento fondamentali, come l’acqua. Inoltre, si tratta di aree che contribuiscono a mitigare l’effetto dei cambiamenti climatici, e una loro scomparsa o compromissione porterebbe ad accentuare l’impatto di eventi meteorologici estremi, come le inondazioni.
«I siti considerati Patrimonio Mondiale dovrebbero essere tutelati dal più alto livello di protezione – spiega Marco Lambertini, direttore generale del WWF – Purtroppo siamo spesso incapaci di salvaguardare questi importanti tasselli del pianeta. Siamo tutti d’accordo sul fatto che questi sono siti unici e preziosi per l’intera umanità, ma è necessario uno sforzo comune per rendere queste aree capaci ancora di provvedere al benessere delle popolazioni e della natura».
L’Unesco, infatti, ha inserito nella lista dei siti “in pericolo” soltanto 18 di questi luoghi. Di recente l’organizzazione è stata oggetto di forti polemiche per aver valutato la Grande barriera corallina non meritevole dell’inserimento. Eppure, recentissime analisi mostrano come il 95% della sua estensione sia irrimediabilmente compromessa.