Il Ministero dello Sviluppo economico costretto a riperimetrare le aree concesse alle trivelle entro le 12 miglia. L’azienda fa fagotto
(Rinnovabili.it) – La battaglia contro le trivelle continua a registrare successi in vista del referendum del 17 aprile. Nell’ultimo bollettino del Ministero dello Sviluppo economico sugli idrocarburi e le georisorse, campeggia a chiare lettere l’abbandono della compagnia Transunion Petroleum Italia, che rinuncia a due istanze di ricerca di gas e petrolio nel Golfo di Taranto e nel Canale di Sicilia.
La decisione di non dare corso al procedimento autorizzativo, conferma il bollettino del MiSe, discende dall’ultimo provvedimento che il dicastero retto da Federica Guidi ha dovuto assumere lo scorso febbraio. Esso ha sancito il rigetto di 27 richieste di permessi e concessioni per la ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare. Le modifiche alla legge di stabilità, introdotte dal governo per tentare di evitare il referendum, hanno sortito un parziale effetto positivo, senza intaccare la consultazione. Le istanze relative a superfici interamente ricadenti entro le 12 miglia marine sono state negate, mentre sono state riperimetrate quelle parzialmente interferenti.
Mutilata di una parte dell’area utile alle sue trivellazioni, la Transunion ha mollato la presa e deciso di fare fagotto: «La società non ha provveduto a comunicare il proprio interessamento al prosieguo del procedimento amministrativo, nei modi e nei termini indicati dalla comunicazione di “Rigetto parziale e riperimetrazione” del 29 gennaio 2016 n. 2481», conferma il Ministero.
Qualche settimana fa, anche la Petroceltic e la Shell, che vantavano rispettivamente un permesso di ricerca al largo delle Isole Tremiti e due istanze nel Golfo di Taranto, hanno rinunciato.
Esultano i No Triv, e ne hanno ben d’onde. Il movimento intasca un’altra vittoria in vista del referendum, una consultazione dai tempi strettissimi per l’eccesso di zelo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Se avesse atteso a fissare la data, avrebbe dato il tempo ai giudici della Corte Costituzionale di esprimere un parere su altri due quesiti referendari, che al momento restano congelati. La decisione preliminare è attesa per domani, ma anche se dovesse riabilitarli, essi non potrebbero venire accorpati al referendum del 17 aprile. Mancano infatti i tempi minimi che la legge assegna alla campagna referendaria (45 giorni).
«La campagna contro le trivellazioni sta sortendo l’effetto sperato – commenta il Coordinamento nazionale No Triv – anche se i comitati pro-Triv vogliono farci credere che la decisione non sia collegata al referendum del 17 aprile. Ma la vittoria è a portata di mano. Andiamo avanti, più forti di prima».