La battaglia sulle trivelle torna ad accendersi dopo il referendum. Ben 61 concessioni hanno continuato ad estrarre senza permesso
(Rinnovabili.it) – Non ha ancora fatto in tempo ad insediarsi che gli piove in testa la prima tegola. Carlo Calenda, nuovo inquilino del Ministero dello Sviluppo economico, dovrebbe essere nominato in giornata, per trovarsi sul tavolo uno dei dossier più caldi dell’ultimo anno: quello delle trivelle. Già, perché la battaglia non si è chiusa con il referendum del 17 aprile.
Così, stamattina in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, il coordinamento nazionale No Triv ha annunciato la diffida nei confronti del Ministero, reo di non aver bloccato 61 concessioni scadute. Nello specifico, 16 sono in mare – 9 dei quali entro le 12 miglia – e 45 sulla terraferma. Su queste aree, trivelle e piattaforme hanno continuato ad operare anche in assenza di proroga. Una proroga che era stata richiesta, ma alla quale via Veneto non aveva ancora risposto. Il risultato è che alcune di queste concessioni sono scadute da anni, ma hanno continuato ad operare. E se il Ministero da una parte sostiene che le compagnie possono continuare a lavorare in attesa dell’estensione, ve ne sarebbero 3 che non l’hanno nemmeno chiesta.
«Non è una rappresaglia dopo la sconfitta referendaria – ha chiarito Enzo Di Salvatore, costituzionalista e autore dei quesiti referendari – Avremmo presentato la diffida a prescindere dall’esito del referendum, perché si tratta di legalità e legittimità».
Il MiSe ha dichiarato, settimane fa, che le operazioni sarebbero tutte regolari secondo una legge che risale al 2012 (governo Monti). Ma i No Triv insistono nel chiedere a Calenda di dichiarare «decadute tali concessioni e intimare ai concessionari di provvedere alla chiusura dei pozzi esistenti e al ripristino ambientale dei siti, nonché all’abbandono del campo di attività».
Il silenzio assenso, secondo il costituzionalista Di Salvatore, «non può bastare come via libera per le aziende. Deve esserci un atto formale, che sia impugnabile, non si può consentire alle aziende di continuare ad estrarre senza i permessi», anche perché ciò violerebbe articoli della Costituzione (art. 113) e del diritto europeo.
Senza contare che, oltre alle 3 concessioni scadute che nemmeno hanno chiesto delle estensioni, ve ne sono altre 15 che hanno presentato l’istanza di proroga nel periodo antecedente le modifiche allo Sblocca Italia, che aveva abrogato i vecchi titoli (permessi e concessioni) e la relativa durata. Allo stesso modo, aveva cancellato la disciplina delle proroghe. In pratica, le compagnie che hanno presentato 15 richieste di una proroga che non esisteva più.