Dopo la diffida del fronte No-Triv sulle 61 aree incriminate arriva il pressing della commissione Ambiente della Camera: chiede chiarezza e garanzie per bonifica e smantellamento
(Rinnovabili.it) – La battaglia sulle trivelle non è certo finita con il referendum del 17 aprile. Torna a far discutere, specie quando la realtà sconfessa gli argomenti del fronte del no, Governo compreso: è successo poche settimane fa quando nel ravennate ci si è resi conto che lavoro non ce n’è più, i licenziamenti si contano a centinaia e degli investimenti non si vede più l’ombra. Poi, a metà maggio, la tegola sul neo-ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. Appena si è seduto alla scrivania ha trovato una diffida per non aver bloccato 61 concessioni scadute, a firma Greenpeace, WWF e Legambiente.
Diffida che, senza troppo stupore da parte di nessuno, il MiSE aveva lasciato cadere nel vuoto. A dissotterrarla dagli scantinati del ministero ci prova adesso Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente alla Camera, attraverso un’interrogazione ai ministri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture. Insieme alla firma di Realacci, c’è anche quella del presidente della commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, Alessandro Bratti.
L’interrogazione, commenta Realacci, serve per capire “come intendono rispondere alla diffida e, soprattutto, se siano intenzionati a redigere l’elenco delle piattaforme “esauste” e non soggette a proroga, cosicché il concessionario proceda alla smantellamento e alla bonifica”.
Calenda è chiamato a chiarire la situazione delle 61 concessioni incriminate. Nello specifico, 16 sono in mare – 9 dei quali entro le 12 miglia – e 45 sulla terraferma. Su queste aree, trivelle e piattaforme hanno continuato ad operare anche in assenza di proroga.
Una proroga che era stata richiesta, ma alla quale via Veneto non aveva ancora risposto. Il risultato è che alcune di queste concessioni sono scadute da anni, ma hanno continuato ad operare. E se il Ministero da una parte sostiene che le compagnie possono continuare a lavorare in attesa dell’estensione, ve ne sarebbero 3 che non l’hanno nemmeno chiesta.