(Rinnovabili.it) – Alla fine, è andata come peggio non poteva. Ieri sera, come un macigno, è arrivata la firma del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sul decreto governativo che fissa la data del 17 aprile per il referendum popolare sulle trivelle. Niente election day, dunque, e questa volta per certo. L’assenso del Colle spazza via le voci che si sono rincorse nel fine settimana: la Corte Costituzionale deve ancora – e probabilmente avrebbe voluto – esprimersi sui ricorsi di 6 Regioni che possono riabilitare altri due quesiti, ma Mattarella non ha atteso il parere dei giudici.
La rapidità con cui la firma del decreto governativo ha stroncato le richieste soddisfa le esigenze del governo Renzi, che ha ogni intenzione di far fallire la consultazione. Lo dicono i fatti [leggi l’articolo di Rinnovabili.it per approfondire].
I cittadini dovranno quindi esprimersi sull’abrogazione della legge che permette alle trivelle di rimanere piantate in mare «per l’intera vita utile del giacimento», cioè finché vogliono.
Il paradosso è che se la Consulta ritiene fondati i ricorsi e ammissibili i quesiti rimasti in sospeso, non sarà possibile unirli a quello su cui si andrà a votare. Il parere, infatti, è atteso in via preliminare il 9 marzo: da questa data al 17 aprile intercorrono meno dei 45 giorni che per legge vanno garantiti alla campagna referendaria. In sostanza, toccherebbe indire un secondo referendum, con un costo aggiuntivo pari a centinaia di milioni di euro.
Quali sono le ragioni ufficiali per cui non è stato indetto un election day che accorpasse le amministrative di giugno al referendum No Triv? Si tratta di cavilli legali: il Colle avrebbe agito in base al decreto 98 del 2011, che prevede la possibilità di abbinare tra loro più referendum o più elezioni di diverso grado, ma non l’accoppiata elezioni-referendum. L’unica volta che si è presentata la necessità, era il 2009, e per l’occasione fu preparata una legge ad hoc (28/4 numero 40).
«Se il governo avesse voluto, avrebbe potuto adottare un decreto-legge. Non ha voluto», è il secco commento di Enzo di Salvatore, costituzionalista ed estensore dei quesiti referendari. L’opinione dei No Triv, difficile da smentire, è che non vi fosse nessuna motivazione sostanziale per fissare una data che non tiene conto della situazione in sospeso alla Corte Costituzionale. Oltre a comportare spese ingiustificate, la frammentazione dei momenti di espressione democratica ha effetti negativi sulla partecipazione dell’elettorato. In questo quadro, le responsabilità istituzionali sono evidenti.