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Trivelle in Adriatico: il MISE accorcia le distanze dalla riva

Il ministero di Federica Guidi è al centro della polemica sulle trivelle in Adriatico. Con un gioco delle tre carte avrebbe abbattuto il limite delle 12 miglia dalla costa

Trivelle in Adriatico il MISE accorcia le distanze dalla riva

 

(Rinnovabili.it) – Il ministero dello Sviluppo economico ha truccato le carte, e ora le trivelle in Adriatico possono venire più vicino alla costa a bucare i fondali. Eppure c’era un divieto, istituito per legge nel 2010, di accostarsi al litorale oltre le 12 miglia (19.3 km).

La denuncia viene da Fondo Ambiente Italiano, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e Wwf. Tutte le associazioni ambientaliste più importanti convinte e decise nel puntare il dito contro Federica Guidi, con un ricorso al Tar del Lazio: «Il ministero dello sviluppo economico ha autorizzato la società petrolifera Po Valley Operations ad ampliare un titolo già esistente – sostengono – riperimetrando la superficie precedentemente concessa ed estendendo, così, le attività di ricerca di gas e petrolio in mare entro le 12 miglia dalla costa. L’area in cui la società australiana potrà trivellare dunque, in barba ai vincoli normativi, passa da 197 chilometri quadrati a 526 chilometri quadrati».

 

Il MISE avrebbe dunque, con un magheggio di cifre, ampliato del triplo l’area di esplorazione della compagnia petrolifera, che opera al largo delle coste di Ravenna.

Il ricorso presso il TAR del Lazio da parte delle 6 associazioni è diretto anche contro i ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura, oltre naturalmente che la società PO Valley Operations PTY LTD. Ma nella lista figurano anche la Regione Emilia Romagna, il Comune di Ravenna e l’Ispra.

«Ci troviamo di fronte a quella che noi giudichiamo una palese violazione della legge – criticano gli ambientalisti – che ignora quanto già chiarito in merito dal Consiglio di Stato, il quale stabilisce come non si possano modificare in maniera così radicale gli esistenti titoli abilitativi. Questa manovra equivale di fatto a un via libera per poter trivellare i nostri mari ovunque: a due passi dalle coste e dalle spiagge, dalle aree protette, sempre più a ridosso di luoghi ad alto valore turistico, da nord a sud. Un vero scempio».

 

Il ricalcolo dell’area già concessa alla Po Valley Operations è frutto di una furbata legislativa, secondo i 6 ricorrenti. Il decreto Sviluppo del 2012, promosso dall’allora capo del dicastero, Corrado Passera, prevedeva una deroga al limite delle 12 miglia. Ma sulla materia era intervenuto poi il Consiglio di Stato, con una sentenza che chiariva la situazione: «devono ritenersi esorbitanti – dicevano le carte – quelle iniziative che si risolvono nell’esistenza di un nuovo titolo abilitativo o, comunque, in una modifica del titolo già esistente». In pratica: divieto assoluto di ampliare un’area già concessa quando ciò comporti il rilascio di una nuova autorizzazione. Anche perché, se fosse giusta l’interpretazione MISE, il governo potrebbe decidere di trivellare sostanzialmente in qualsiasi posto.