(Rinnovabili.it) – Cosa aspetta l’Italia a ritirare le autorizzazioni alle trivelle in Adriatico? È il grosso interrogativo che pende sul governo dopo che il delegato dell’ambasciata di Croazia in Italia, Llija Zelalic, ha detto in un convegno a Chieti che il suo Paese sta abbandonando i progetti di estrazione dalle profondità marine*.
«Per salvaguardare le sue coste, la Croazia ha sospeso i progetti per la ricerca di petrolio nel mare Adriatico e penso che dovrete anche voi, in Italia, prendere in considerazione questa eventualità», ha detto il delegato senza peli sulla lingua. «Il turismo – ha aggiunto – è una risorsa più importante da sviluppare per i Paesi che si affacciano in questo mare. Il petrolio esiste in altri posti».
Un aiuto inaspettato quello che il diplomatico offre ai movimenti che stanno contestando da anni le politiche del governo Renzi sul petrolio. Ma la mano tesa dei croati non è solo quella istituzionale: anche a livello di movimenti si sono intrecciate reti con i balcani. Ieri si sono incontrati i rappresentanti delle organizzazioni e movimenti ambientalisti da Albania, Croazia, Montenegro, Slovenia e Italia che aderiscono al network SOS Adriatico. L’intento è quello di dare vita ad una piattaforma comune per difendere il mare dai petrolieri. Per l’Italia erano presenti Legambiente e i movimenti No Ombrina e Trivelle Zero Marche.
«I governi e le compagnie petrolifere cercano di fuorviare l’opinione pubblica in maniera analoga nei diversi paesi che si affacciano sull’Adriatico – ha detto Mosor Prvan dell’associazione SUNCE, che viene da Spalato – È paradossale che in Croazia alcuni politici, per cercare di contrastare le proteste, sostengano che in Italia si autorizzano progetti senza problemi, mentre in Italia con il medesimo intento portano ad esempio proprio la Croazia».
Il processo di esplorazione e di sfruttamento dell’Adriatico, lamentano le associazioni e i movimenti, sta procedendo ovunque in ugual modo: senza trasparenza e informazione da parte delle autorità. Quando le persone si informano, sostiene un’attivista montenegrina, non possono che dirsi contrarie alle trivelle in mare. È così che monta la mobilitazione, un pezzo alla volta. Ma i numeri che fanno in Italia generano stupore e ammirazione dall’altra parte del mare.
«Durante il meeting vi è stata molta attenzione a quanto sta accadendo in Italia – hanno scritto Mattia Lolli di Legambiente, Giulia Zandri di Trivelle Zero Marche e Augusto De Sanctis del Coordinamento No Ombrina – In particolare, i nostri colleghi ci hanno chiesto approfondimenti sulle modalità di costruzione del vasto fronte che contesta le scelte del Governo Renzi a vantaggio dei petrolieri. Sono rimasti colpiti dalla partecipazione alle grandi manifestazioni, come quella in Abruzzo contro il progetto petrolifero Ombrina, di decine di migliaia di persone, di centinaia di comuni, della chiesa e di tante organizzazioni del lavoro, come sindacati commercianti, operatori turistici, pescatori e agricoltori».
I balcanici vogliono capire come intasare il processo legislativo con iniziative di contrasto istituzionale portate avanti anche tramite gli enti locali, per far sorgere la protesta direttamente dai territori. Secondo le associazioni italiane, «il confronto è stato molto proficuo perché sono state poste la basi per numerose azioni concrete comuni da realizzare nei prossimi mesi».
Intanto, anche a livello politico giunge qualche timida risposta: una trentina di deputati Pd hanno chiesto la revisione dell’articolo 38 dello Sblocca Italia, quello sulle trivellazioni, tramite una interpellanza alla Camera. Primo firmatario è Alessandro Bratti, presidente della commissione Ecomafie.
*AGGIORNAMENTO
Il ministero degli Esteri croato ha smentito le dichiarazioni, riportate dall’Ansa, del delegato dell’Ambasciata croata in Italia, dicendo che sarebbero state «male interpretate». Il governo sostiene che la ricerca di idrocarburi non sia stata sospesa: sarebbe stata solo rinviata la firma delle concessioni.