(Rinnovabili.it) – Nessuna polemica politica con il governo, solo un esercizio delle proprie facoltà decisionali, come previsto dalla Costituzione. Ci tengono a ricordarlo le amministrazioni regionali che in questi giorni si sono apertamente opposte alla norme sblocca trivelle, muovendo di conseguenza i primi passi verso un referendum abrogativo. Ad aprire le danze è stata la Basilicata presentando la delibera per attivare la richiesta del referendum nel Consiglio regionale dello scorso 19 settembre. “Stiamo mantenendo fede alle cose che abbiamo sempre sostenuto: che in mare siamo contrari e che sulla terraferma non andiamo oltre le autorizzazioni del ’98 che hanno caratterizzato un tempo antecedente al nostro governo” ha spiegato il presidente della Regione, Marcello Pittella.
Il testo era quello concordato con altri presidenti di Regione durante la Fiera del Levante a Bari. Qui infatti, insieme alla Lucania, Abruzzo, Calabria, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna hanno abbozzato una strategia d’azione comune. “Lo Sblocca Italia non viene impugnato nel suo complesso, ma solo nei limiti nei quali agevola e cambia le norme ordinarie che sono previste per questo tipo di ricerca e sfruttamento”, ha affermato il presidente della Puglia, Michele Emiliano durante la conferenza stampa che è seguita all’incontro. Alle otto si sono aggiunte anche Umbria e Liguria. La prima dovrebbe portare in Aula la delibera per attivare la richiesta oggi (stessa tempistica per Marche, Molise, Puglia e Sardegna).
La Regione Liguria ha programmato la seduta invece per il 29 settembre.
I quesiti referendari devono essere depositati all’Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione da almeno cinque Regioni entro il 30 settembre prossimo in base a quanto disposto dalla legge che disciplina le modalità attuative dei referendum previsti dalla Costituzione. L’assessore all’Ambiente della Regione Marche Angelo Sciapichetti ha auspicato un accordo e una condivisione delle strategie a livello ‘Adriatico’, coinvolgendo anche i Paesi rivieraschi, in conformità con i trattati internazionali: “È chiaro che un’azione incisiva e una politica di tutela della ricchezza del mare non possono prescindere da accordi e collaborazioni internazionali, perché l’Adriatico è un mare chiuso”.