(Rinnovabili.it) – Colpevole. È questa la sentenza emessa dal Tribunale Monsanto, la corte informale presieduta da importanti personalità rappresentative delle organizzazioni impegnate nel campo del diritto internazionale che si riunisce periodicamente a L’Aia. Il Tribunale è una iniziativa internazionale della società civile nata per valutare l’operato di Monsanto (oggi fusa con Bayer) in termini di violazioni dei diritti umani, crimini contro l’umanità ed ecocidio. Il gruppo, composto da sette esperti, dopo aver sentito numerose testimonianze ha offerto un parere legale basato sulle linee guida della Corte internazionale di giustizia.
Trattandosi di un “tribunale d’opinione”, e non una corte ordinaria, non vi saranno condanne penali. Questa corte “straordinaria”, composta da membri della società civile, si è data però l’obiettivo di allertare l’opinione pubblica, il sistema mediatico e tutti i portatori di interessi, a cominciare dalla sfera politica. La raccomandazione ai legislatori è di utilizzare meglio gli strumenti di diritto internazionale, in particolare le convenzioni internazionali su ambiente e diritti umani, nonché i principi guida per il business, oggi platealmente elusi o violati.
Durante la fase di raccolta delle informazioni, i giudici hanno invitato rappresentanti di Monsanto, che tuttavia non si sono presentati. Lo ha reso noto la presidente del tribunale, la belga Françoise Tulkens, vice presidente del comitato scientifico dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea (FRA).
Marcos Orellana, direttore del Programma diritti umani e ambiente del Center for International and Environmental Law (CIEL), ha spiegato che Monsanto ha un impatto negativo sul diritto ad un ambiente salutare, considerato precondizione per tutti gli altri diritti umani e stabilito dalla convenzione di Stoccolma del 1972. Il vasto uso di glifosato e OGM, inoltre, impatta pesantemente sugli ecosistemi.
La carenza di informazioni sui rischi degli erbicidi e degli OGM, l’assenza di misure di mitigazione e valutazioni di impatto ambientale insufficienti, sono indici del mancato rispetto del diritto ad un ambiente salubre e pulito, secondo Orellana.
L’esperto ha infine dichiarato che il Tribunale possiede informazioni sufficienti per imputare alla multinazionale anche il crimine di ecocidio, inteso come atto che reca un grave pregiudizio all’ambiente o che lo devasta in modo da alterare gravemente e per lunghi periodi beni comuni e servizi ecosistemici da cui dipendono determinati gruppi umani. Secondo l’esponente del CIEL, i tempi sono maturi per dare all’ecocidio dignità di crimine internazionale.
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Eleonora Lamm, argentina, direttrice della Suprema Corte di Giustizia di Mendoza, ha valutato invece gli impatti sul diritto al cibo e alla salute della multinazionale. Dopo aver ascoltato numerosi testimoni, ha concluso che Monsanto vìola questi diritti fondamentali inquinando il suolo, l’acqua, e interferisce – dominando il mercato con i suoi semi OGM – con la possibilità dei piccoli agricoltori di produrre il proprio cibo autonomamente. Risulta quasi impossibile, per molte comunità, portare avanti una agricoltura fondata sulle pratiche tradizionali. La sopravvivenza delle culture contadine è pesantemente limitata dal causa diffondersi di pratiche industriali legate a diritti di proprietà intellettuale, che costringono gli agricoltori a pagare royalties e limitano la loro sicurezza alimentare. Monsanto, inoltre, avrebbe interferito non solo sulla salute delle persone, ma i suoi impatti andrebbero a ledere gli individui anche a livello psicologico.
Steven Shrybman, canadese, partner dello studio legale di Goldblatt Partners LLP si occupa di temi legati al commercio internazionale ed è parte dei consigli direttivi dell’organizzazione Council of Canadians e dell’Institute for Agriculture and Trade Policy. Secondo l’avvocato, che ha valutato la compatibilità delle attività di Monsanto con il diritto ad una ricerca scientifica libera, gli esperti dovrebbero avere la possibilità di portare avanti ricerche senza influenze e conflitti di interessi. Una possibilità lesa dalla Monsanto e da numerose multinazionali che sono divenute proprietarie di comparti fondamentali della ricerca scientifica, influenzando la politica con informazioni false.
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Shrybman ha anche sostenuto che il commercio internazionale oggi consente alle imprese di minare alla base la capacità degli stati di limitare gli impatti ambientali e sociali delle loro attività. In particolare tramite i meccanismi di arbitrato internazionale (ISDS), strumento unilaterale che permette alle aziende di fare causa ai governi che minacciano i loro profitti. Le corporation, sostiene l’esperto, devono essere responsabili degli impatti sull’ambiente e i diritti, ma il quadro normativo internazionale al momento è insufficiente.
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Il tribunale non si è pronunciato sulla possibile complicità di Monsanto in crimini di guerra, presi in considerazione dal momento che l’impresa ha sviluppato e consegnato all’esercito 70 milioni di litri di agente arancio utilizzato sull’ambiente e i civili durante il conflitto del Vietnam. Nonostante la mancanza di prove specifiche, i giudici hanno voluto scrivere nel loro parere di essere propensi a credere che l’azienda fosse a conoscenza del probabile utilizzo dei suoi prodotti per finalità belliche, nonché degli effetti sulla salute umana e gli ecosistemi.