(Rinnovabili.it) – La COP 21 è il palcoscenico da cui arrivano grandi annunci e altisonanti promesse sulla cooperazione per evitare i più gravi impatti del clima. Per questo suona un po’ grottesco il tweet lanciato dal Commissario europeo al Clima e l’Energia, Miguel Arias Cañete, che annuncia la disponibilità dell’Unione a finanziare con la miseria di 125 milioni di euro le misure emergenziali nei Paesi colpiti più severamente da El Niño. La maggior parte del denaro (119 milioni di euro), proviene dall’European Development Fund, mentre 6 milioni saranno ricavati dal bilancio umanitario. La cifra rappresenta l’impegno dell’Europa per contribuire allo sforzo congiunto di «portare aiuti di emergenza e aumentare la resilienza nei paesi colpiti».
Secondo le stime, 34 milioni di persone in tutto il mondo subiranno la violenza di El Niño, soprattutto in Africa, Caraibi e America centrale. Restano a secco (in tutti i sensi) Indonesia e Papua Nuova Guinea, che già oggi subiscono le conseguenze del fenomeno. Un rapido calcolo porta a concludere che, per salvare la vita a questa gente, l’Unione europea spenderà in media circa 3,5 euro a testa. Nel Corno d’Africa, 79 milioni di persone si spartiranno 14 milioni di euro, per la bellezza di 5,5 euro ciascuna. Non saranno così fortunati nei Caraibi, dove i governi potranno spendere 2,6 euro a persona per salvarne 3,5 milioni dalle catastrofi naturali.
Il fenomeno climatico El Niño si verifica nell’Oceano Pacifico centrale nei mesi di dicembre e gennaio con una variabilità tra i 3 e i 7 anni, ma l’aumento del riscaldamento globale potrebbe accorciare i tempi fra un ciclo e l’altro. Si tratta di una teleconnessione atmosferica, cioè di una contemporanea variazione di pressione e temperatura nell’atmosfera e nell’oceano tale da presentare una correlazione statistica. Al riscaldamento delle correnti del Pacifico centro-orientale, sale la pressione atmosferica in quello centro-occidentale. A seguito delle sue manifestazioni, in alcune regioni del mondo si intensificano inondazioni, siccità e altre perturbazioni.
Almeno 4 milioni di persone rischiano di restare senz’acqua nell’area sudoccidentale del Pacifico, mentre i Paesi vicini all’Equatore verranno investiti da piogge torrenziali e inondazioni. Si prospetta una emergenza umanitaria di proporzioni bibliche, pari a quella innescata dallo stesso fenomeno nel 1998. Quell’anno provocò la morte di 23 mila persone nei piccoli Stati insulari, più esposti ai cataclismi intensificati dal riscaldamento globale.