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La mission impossible del COBAT

La mission impossible del COBATSta per iniziare l’ascesa del TOP RECYCLING MISSION, il progetto sviluppato dal COBAT, Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo, e dal Comitato Ev-K2-CNR, che prevede la sostituzione e lo smaltimento della tecnologia fotovoltaica del laboratorio internazionale a piramide posto  ai piedi del versante nepalese dell’Everest. Si tratta di una missione estrema, senza precedenti al mondo e dal forte impatto mediatico, che prevede rischi e difficoltà logistiche. Una missione che vuol dimostrare come l’attenzione all’ambiente possa non aver confini o non essere limitata dalle difficoltà.

Il noto laboratorio a forma di piramide dedicato al prof Ardito Desio – che lo concepì e fece realizzare 25 anni fa – è una struttura costituita da acciaio, alluminio e vetro che ospita tre diversi livelli dove sono disposte le apparecchiature che si sono rese indispensabili, negli anni, a 520 missioni scientifiche gestite da 143 diverse istituzioni internazionali. I principali ambiti applicativi delle ricerche, data la particolare collocazione del laboratorio, sono stati sui cambiamenti climatici e ambientali, sulla medicina e fisiologia umana, sulla geologia, sulla geofisica e sui fenomeni sismici.

Abbiamo chiesto all’ing. Giancarlo Morandi, presidente del Cobat nonché entusiasta componente della spedizione,  le sue impressioni prima dell’ascesa.

 

 

Mauro Spagnolo: Il Cobat non è nuovo ad azioni virtuose nell’intento di perseguire importanti obiettivi ambientali ed economici. Questa volta però, il progetto è particolarmente originale e ambizioso. Quali sono le motivazioni che sono alla base di questa spedizione.

Giancarlo Morandi:  Noi crediamo che questa operazione avrà l’attenzione dei media italiani per la sua specificità e per le difficoltà intrinseche che si incontreranno nel realizzarla. L’ampia attenzione dei media dovrebbe portare a conoscenza dell’opinione pubblica ciò che andiamo a fare lassù. Secondo noi si tratta di un evento di forte valore ambientale in quanto è un particolare esempio di comportamento virtuoso: anche in habitat delicati e complessi, dal punto di vista logistico, è possibile adoperare l’ingegno per risolvere i problemi che riguardano la protezione dell’ambiente. In questo specifico caso, poi, non solo si è resa disponibile la produzione di energia pulita attraverso i generatori fotovoltaici ed il sistema di accumulo, ma saranno anche attuate, in barba alle difficoltà, le corrette procedure di raccolta e smaltimento della tecnologia esausta.

 

MS: Quali sono le maggiori difficoltà che avete trovato nell’organizzare una simile impresa?

GM:  Innanzi tutto voglio dirle che il Cobat non è nuovo a questo tipo di operazioni. Già nel 2002, l’anno internazionale delle montagne, il nostro Consorzio raggiunse la piramide per recuperare e smaltire i 3500 kg di batterie al piombo esauste. A 12  anni di distanza torniamo lassù per un’impresa ben più impegnativa: la sostituzione di tutta la tecnologia, moduli, batterie elettronica, con prodotti più innovativi e lo smaltimento di quella esausta.  Un’operazione che comporta l’utilizzo di 500 persone che trasporteranno in spalla l’attrezzatura nuova e poi riporteranno a valle tutto il materiale smontato. La spedizione, dal punto di vista tecnico, è particolarmente impegnativa in quanto il sentiero che porta ad oltre 5000,  attraverso valli, montagne, dirupi e corsi d’acqua, non sempre è di facile agibilità. Ad esempio due settimane fa è caduto un ponte per l’attraversamento di un fiume ed ancora non sappiamo come potremo guadare in quel punto, ma confidiamo di riuscirci.

 

www.evk2cnr.orgMS: Parliamo di numeri: quanto materiale porterete alla piramide e quanto riporterete  indietro con la vostra spedizione?

GM: In pratica portiamo circa 15 tonnellate tra moduli fotovoltaici e batterie, e porteremo a valle i corrispondenti prodotti che hanno terminato la loro vita il che vuol dire risparmiare al territorio il pericolo della dispersione di 6 tonnellate  di piombo, 2 tonnellate di acido solforico, 5 tonnellate di vetro e permette di risparmiare, grazie all’utilizzo delle fonti rinnovabili per alimentare l’intera struttura scientifica, 6 tonnellate di petrolio equivalente. Complessivamente mi sembra quindi una gestione molto attenta dell’impatto del laboratorio su un territorio particolarmente delicato come quello  dell’Himalaya.

 

SM: Quali sono le tappe della vostra spedizione.

GM: Siamo partiti dall’Italia il 27 di settembre, stiamo terminando la fase di acclimatamento e tra qualche giorno, monsoni permettendo, inizieremo l’ascesa per rientrare il 15 ottobre.

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