(Rinnovabili.it) – Rifletti bene prima di buttare un vecchio apparecchio elettronico nell’indifferenziata; potresti infatti star gettando via un piccolo tesoro chiamato “Terre Rare“. Si tratta di un gruppo di 17 elementi chimici fondamentali per la moderna tecnologia ma di difficile reperimento; il 95% dei giacimenti di terre rare a livello mondiale si trova nella Repubblica Popolare cinese che, per favorire i propri settori manifatturieri e nel contempo mantenere alti i livelli di prezzi, ha ridotto drasticamente le esportazioni. La scarsa disponibilità di queste preziose materie prime e la dipendenza dalla Cina hanno spinto molti Paesi ha escogitare vie alternative per il rifornimento, riprendendo ad esempio le esplorazioni in nuove miniere.
Anche in Italia, spiega Federchimica, alcune università e alcuni gruppi industriali hanno intrapreso nuove attività: la sostituzione delle Terre Rare (essendo quasi tutte classificate come tossiche o, nel caso del Promezio, radioattivo) con altri metalli o il migliore ciclo di utilizzo nel processo produttivo e il recupero dai Raee. Ed è proprio su questo ultimo aspetto che la Federazione ha puntato i riflettori nell’ambito del workshop europeo , rivelando che se in Italia venissero raccolti solamente i cellulari venduti nel 2011 si avrebbe un valore di mercato – relativo al recupero delle terre rare – di oltre 150 milioni di euro. “Invece ad oggi ne vengono raccolti solo 500.000 pezzi, per un valore di mercato pari a 2 milioni di euro”, spiega Federchimica aggiungendo altri dati interessanti: nella batteria di una automobile ibrida ci sono circa 10 kg di lantanio, il magnete di una grande turbina eolica può contenere 260 kg o più di neodimio e la marmitta catalitica di un’auto contiene cerio e lantanio.
Vere e proprie miniere urbane che ancora oggi non sono adeguatamente sfruttate. “Attualmente, in Italia, si consumano direttamente 800 tonnellate di terre rare l’anno, ma se consideriamo tutti i prodotti acquistati finiti, dalle automobili ai computer, a questo numero bisogna aggiungere altre 8mila tonnellate per un totale di 8.800 tonnellate l’anno. Un consumo interno sul quale il corretto trattamento dei Raee potrebbe incidere ma per fare questo serve una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini, un sistema normativo più aperto, disciplina del mercato, punti di raccolta gestiti in maniera razionale e semplificazione dell’eccesso normativo”.