(Rinnovabili.it) – C’è anche la geoingegneria tra le priorità della Casa Bianca. Alcune delle tecniche più controverse potrebbero presto ricevere fondi nell’ambito della ricerca sul clima e il contrasto ai cambiamenti climatici. È quanto emerge dall’aggiornamento triennale del rapporto The National Global Change Research Plan 2012-2021, un documento in cui vengono dettagliati i settori che le 13 agenzie federali di riferimento devono privilegiare e a cui saranno destinate le prossime tranche di finanziamenti federali.
È la prima volta che gli Stati Uniti aprono ufficialmente alla geoingegneria, termine ombrello che racchiude tecniche molto diverse che hanno in comune l’idea di intervenire sul riscaldamento globale per invertire la rotta. Tuttavia si tratta di operazioni che agiscono sugli effetti e non sulle cause del global warming e, in molti casi, sono al centro di accesi dibattiti.
Nel rapporto statunitense ne vengono citate due in particolare. La prima consiste nell’irrorare il cielo con sostanze chimiche e microparticelle riflettenti, capaci di respingere la radiazione solare e raffreddare il pianeta, che ricade tra le cosiddette tecniche SRM (Solar Radiation Management). La seconda è quella di intervenire sulle nuvole per creare pioggia alcalina che reagisce con l’anidride carbonica e riduce quindi la concentrazione di CO2 presente in atmosfera, in modo tale da resti intrappolata una minor quantità di calore. Quest’ultima è assimilabile al CCS (Cattura e stoccaggio del carbonio) ed è per certi versi vicina alle tecniche BEECS (Bio-energy with carbon capture and storage), che l’International Panel on Climate Change dell’Onu considera da tempo tecnologie chiave per la lotta al riscaldamento globale.
Il rapporto che prefigura l’impiego della geoingegneria ed è approdato questa settimana al Congresso ha valore puramente consultivo: serve cioè l’approvazione delle istituzioni politiche affinché i fondi arrivino davvero. Va però sottolineato che l’apertura alla geoingegneria è perfettamente in linea con la strategia sul clima al 2050 presentata pochi mesi fa dagli Usa, nella quale molto spazio è riservato allo sviluppo della capacità di carbon sinking sia attraverso metodi naturali come la riforestazione del territorio, sia tramite tecnologie di rimozione della CO2 dall’atmosfera.