(Rinnovabili.it) – Dalla prima legge sulle bellezze naturali (nel 1939) a oggi, l’Italia ha compiuto parecchia strada dal punto di vista della normativa ambientale. La maggior parte degli sforzi legislativi in tema di tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile sono frutto di direttive europee e convenzioni internazionali. E in alcuni casi di “disastri di grandi proporzioni che hanno messo in luce come la problematica ambientale non poteva essere confinabile a un singolo Stato, ma doveva essere affrontata anche a livello sovranazionale”. A sottolinearlo è il WWF nel suo nuovo dossier “Italia chiama Europa – L’Ambiente ritrovato”.
Il documento arriva a poco più di un mese dalle elezioni europee, momento cruciale sia per il futuro UE che per quello dei singoli Stati, e coglie proprio l’occasione delle votazioni per lanciare una doppia chiama all’azione. L’invito è rivolto al Belpaese affinché, anche memore dell’attuale eredità ambientale, ricostruisca un consenso sulla necessità dell’Unione. “Per l’Italia,è importante rilevare come il nostro Paese senza l’Europa non solo sarebbe stato ancor più allo sbando, ma avrebbe subito danni ancora più pesanti con ricadute ambientali tipiche dei Paesi in via di sviluppo e quindi anche con gravissimi problemi sanitarie per la sicurezza delle popolazioni”.
Ma allo stesso tempo il dossier parla alla UE nella sua interezza, invitando il Blocco a rafforzare il ruolo globale dell’Europa contro il cambiamento climatico, nella convinzione che alle prossime elezioni si misurerà anche la capacità comunitaria di mantenere gli attuali ed elevati standard ambientali sia sul piano interno che internazionale.
Tornando alla dimensione nazionale, l’associazione ambientalista è convinta che il Belpaese possa e debba sfruttare meglio il vantaggio di stare nell’UE condividendo con maggiore convinzione le norme e gli standard ambientali comunitari. Ecco perché,oggi, chiede ai partiti in lizza per il rinnovo del Parlamento Europeo di sostenere 10 mosse per mettere nuovamente l’Italia al passo con l’Europa:
1. Concretizzare la Strategia per lo Sviluppo sostenibile introducendo indicatori di impatto ambientale nella contabilità nazionale, territoriale e di impresa e recependo rapidamente la direttiva europea sulla plastica monouso.
2. Dotarsi di un PNIEC (il Piano Energia e Clima) “che faccia scelte chiare, ambiziose e operative su fonti rinnovabili, efficienza e risparmio energetico”, confermando il phase out del carbone al 2025 e approvando una Strategia nazionale a lungo termine che porti, al più presto, alle zero emissioni nette di CO2
3. Rilanciare la Strategia Nazionale per la Biodiversità, puntando su una migliore governance dei parchi nazionale e regionali e utilizzando lo strumento di co-finanziamento dei PAF (Pioritise Action Framework) per migliorare la tutela della Rete Natura 2000.
4. Dare piena attuazione alla Strategia Marina Nazionale, incrementando il numero di Siti di Interesse Comunitario (SIC) marini e rafforzando il numero e il ruolo delle aree marine protette (AMP).
5. Porre fine al sovrasfruttamento degli stock ittici.
6. Sostenere una riforma della Politica Agricola Comune (PAC) post 2020 che assicuri eco-schemi obbligatori per gli Stati membri, destinando ad essi il 30% delle risorse disponibili, conseguendo l’obiettivo del 40% della Superficie Agricola Utilizzata certificata in agricoltura biologica entro il 2030.
7. Favorire un’agricoltura pulita dando piena attuazione alla Direttiva Nitrati e approvando un nuovo Piano d’Azione Nazionale Pesticidi.
8. . Perseguire entro il 2025 l’obiettivo, stabilito dalla Direttiva Quadro Acque, per il conseguimento del buono stato ecologico delle acque e mettere le Autorità di Bacino al centro della pianificazione dei distretti idrografici e nella definizione delle priorità di intervento nazionali.
9. Redigere una Strategia pluriennale a sostegno dell’economia circolare che punti all’innovazione dei processi produttivi e alla responsabilizzazione del consumatore.
Rilanciare le iniziative che favoriscono l’end of waste e introdurre forme di responsabilità estesa del produttore (EPR), utilizzando anche la leva fiscale per penalizzare l’uso inefficiente di materiali e di energia.