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Se l’inquinamento ambientale fa nascere i superbatteri

Superbatteri

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La minaccia dei superbatteri: quali sono le cause?

(Rinnovabili.it) – La preoccupazione per la diffusione dei superbatteri è ormai una delle questioni all’ordine del giorno per l’Organizzazione Mondiale della Sanità. A livello globale, ogni anno circa 700.000 persone muoiono per infezioni batteriche che non rispondono agli attuali trattamenti farmacologici. Su 51 nuove molecole in sperimentazione, oggi soltanto 8 sono in grado di contrastare i ceppi microbici più evoluti. E in alcuni casi, come per i microorganismi contenenti il gene mcr-1, non esiste ancora alcuna cura.

 

Se da un lato è vero che l’aumento della resistenza agli antibiotici sta diventando una minaccia sempre più consistente per l’umanità, lo è anche dall’altro che non tutte le cause del problema sono state valutate a fondo. Diversi studi hanno collegato la crescente farmaco-resistenza all’abuso di antibiotici nell’uomo e nell’agricoltura degli ultimi decenni. Minore attenzione è stata invece data al ruolo dell’ambiente e dell’inquinamento.

Le Nazioni Unite cercano di colmare questo divario: in occasione dell’Assemblea ambientale dell’ONU, che si chiude oggi a Nairobi (Kenya), l’UNEP ha presentato il report Frontiers, documento che esamina la dimensione ambientale nei processi che portano alla creazione dei superbatteri.

 

“L’avvertimento che emerge dallo studio è davvero terrificante: noi umani staremmo partecipando allo sviluppo di superbatteri a causa della nostra ignoranza e negligenza”, ha affermato il direttore esecutivo dell’UNEP, Erik Solheim.

 

Come funziona la resistenza antimicrobica?

La resistenza ai farmaci si verifica quando un microrganismo, come un batterio, un virus, un fungo o un parassita, si evolve per contrastare agli effetti di un determinato agente antimicrobico. Quando la rapida evoluzione genetica permette a questi organismi di resistere alla maggior parte dei farmaci in commercio, gli viene assegnato l’etichetta di superbatterio.

 

L’abuso e l’uso scorretto degli antibiotici rimane la prima causa di questo problema. Solo negli ospedali dell’Unione europea, fino al 50% dei farmaci in questione è usato in modo inappropriato (dati della Società italiana di terapia antinfettiva). In questo contesto, l’Italia è uno dei Paesi in cui si registra il maggior consumo di antibiotici con 27,8 ogni mille abitanti al giorno.

 

Una volta consumati – spiega il report ONU – la maggior parte di questi farmaci (circa l’80%) sono espulsi dal corpo dal corpo non ancora metabolizzati assieme ai batteri sopravvissuti e dunque resistenti. Si tratta di una questione non da poco se si considera che l’uso degli antibiotici umani in questo secolo è aumentato del 36% e quello per il bestiame dovrebbe crescere del 67% entro il 2030.

 

“Il rilascio nell’ambiente di livelli sub-letali di vari composti antimicrobici attraverso le acque reflue di famiglie e ospedali e nel dilavamento agricolo, combinato con il contatto diretto tra comunità batteriche naturali e batteri presenti negli scarichi, sta determinando l’evoluzione microbica e l’emergere di più ceppi resistenti”, si legge nel documento. “Risolvere il problema significa affrontare l’uso e lo smaltimento dei farmaci […] Solo in questo modo, potremmo essere in grado di ridurre la velocità con cui si sviluppa una nuova e più pericolosa resistenza”.

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