Società civile ed esperti nel sud del mondo studieranno la geoingegneria
(Rinnovabili.it) – Siamo sicuri che “hackerare” il pianeta sia una soluzione al cambiamento climatico? Siamo certi che invece non si tratti di un salto nel buio nella speranza che la tecnologia consenta al sistema produttivo di non cambiare la sua struttura? Sono domande che circolano con sempre maggior insistenza nel sud del mondo. Tanto che istituzioni scientifiche e ONG con base nei paesi più poveri hanno messo in piedi una iniziativa internazionale, con lo scopo di ottenere fondi per la ricerca indipendente sui potenziali impatti della geoingegneria. In particolare, la Solar Radiation Management Governance Initiative si preoccupa di indagare le tecniche che puntano a ridurre la radiazione solare che giunge sulla Terra.
L’idea di queste proposte, esplorate da ricerche finanziate con decine di milioni di dollari dalla Cina, dagli USA e da altri paesi sviluppati, consiste nell’irrorare il cielo con sostanze chimiche e microparticelle riflettenti, capaci di respingere i raggi del sole e raffreddare il pianeta. I sostenitori dicono che è opportuno esplorare questa possibilità, perché i tagli delle emissioni potrebbero non essere sufficienti a prevenire gli effetti più disastrosi dei cambiamenti climatici. Per ora, i governi non fanno pubblicità alla geoingegneria, sia per gli alti costi economici che comporta la messa in pratica su larga scala di queste tecnologie, sia per la totale assenza di informazioni sui possibili rischi. Ma le ingenti risorse destinate alla ricerca dimostrano che l’interesse per una soluzione alternativa alla transizione energetica è più che reale.
>> Leggi anche: Gli USA di Trump accelerano sulla geoingegneria <<
Una risposta tecnologica al cambiamento climatico permetterebbe ai leader globali di ridurre gli sforzi per l’azione politica, che già oggi comporta uno scontro con corporazioni difficili da riformare. Dall’altro lato, queste tecniche restano tra le più controverse mai esistite. La maggioranza degli scienziati del clima continua ad essere scettica al riguardo, dal momento che attualmente è impossibile prevedere con sufficiente precisione quali potrebbero essere le ricadute a livello globale. Raffreddare artificialmente il pianeta avrebbe una serie di effetti sui modelli atmosferici, alcuni dei quali potrebbero essere dannosi per particolari regioni o popolazioni. Vi sono proiezioni che indicano un’alta probabilità che la geoingegneria possa causare siccità e carestie in diverse parti del mondo, aumentando l’instabilità e acuendo i conflitti esistenti. Per questo l’iniziativa lanciata dalla società civile e dagli esperti del Sud del mondo vuole costruire conoscenza tra chi quegli impatti potrebbe presto subirli. Verranno finanziati una mezza dozzina di progetti di ricerca, i cui risultati sono attesi entro il 2020.