Sulle polveri sottili, bene il trend per PM2.5, male invece il PM10
(Rinnovabili.it) – Italia promossa in 6 indicatori ambientali su 17, tra cui energie rinnovabili, agricoltura biologica e raccolta differenziata. Tendenza stabile su 4 indicatori come adattamento ai cambiamenti climatici, aree protette marine e terrestri e rumore. Mentre il trend è negativo in 5 ambiti, dalle emissioni di gas serra al consumo di suolo, dalle polveri sottili all’incidenza del turismo sui rifiuti urbani. Altri 2 indicatori, lo stato delle acque di fiumi, laghi e falde, sono positivi ma non è possibile valutare quale sia la tendenza. È la fotografia scattata dal rapporto sullo stato dell’ambiente in Italia 2024 dal SNPA.
Stato dell’ambiente in Italia 2024, gli aspetti positivi
Sulle rinnovabili, la corsa dell’energia pulita tra 2004 e 2020 disegna una curva crescente che ha permesso di superare il target al 2020 di percentuale di rinnovabili sul consumo finale lordo (20% contro l’obiettivo del 17%). Grazie alle politiche di incentivazione, si è passati dai 14 Mtep del 2005 ai 29 Mtep del 2021. Mentre la domanda di energia da fonti fossili ha registrato una contrazione complessiva di circa 60 Mtep e un decremento medio annuo del 3%. Ma il trend è ancora lontano da quello che servirebbe per raggiungere in sicurezza i nuovi target al 2030.
Nota di merito va all’agricoltura biologica. Gli obiettivi italiani sono più ambiziosi di quelli della Farm to Fork europea. Nel 2022, dettaglia il rapporto sullo stato dell’ambiente in Italia 2024, l’agricoltura biologica interessa il 18,7% della superficie agricola utilizzata (SAU) e il 7,3% del numero di aziende agricole. Negli ultimi 32 anni l’andamento è stato crescente sia in termini di operatori sia di superficie coltivata, in controtendenza rispetto allo storico declino della superficie agricola.
Sul versante rifiuti, l’Italia è promossa per la differenziata (al 65% nel 2022) e sulla diminuzione di quelli conferiti in discarica: in 20 anni è crollata dal 63,1% al 17,8%. C’è però la necessità di “imprimere una accelerazione nel miglioramento del sistema di gestione per consentire il raggiungimento di obiettivi previsti dalla normativa europea”, cioè scendere ancora al 10% entro il 2035.
Buono anche il trend delle polveri sottili PM2.5, sceso costantemente nell’ultimo decennio, anche se quasi tutte le stazioni di monitoraggio segnano ancora valori al di sopra delle soglie di sicurezza indicate dall’OMS (un problema che riguarda la maggior parte dell’Europa).
Dove si può migliorare?
Molti sono i fronti su cui l’Italia potrebbe fare meglio. A partire dall’adattamento alla crisi climatica, dove il rapporto registra “stabilità ma a livelli insoddisfacenti”. La riduzione di rifiuti resta sostanzialmente al palo, mentre la percentuale di sorgenti di rumore per le quali si rilevano superamenti dei limiti normativi è “significativa” (42,7%), e non in miglioramento.
C’è un gap importante sul fronte della tutela di territorio e mare. La copertura nazionale arriva al 21,7% del territorio italiano e all’11,2% delle acque territoriali e ZPE (Zone di Protezione Ecologica). Ma i target al 2030 impongono di salire al 30% per entrambi gli ambiti.
Le bocciature
L’Italia fa invece molto male sulle emissioni di gas serra, con una riduzione di appena il 20% rispetto ai livelli del 1990. E sul consumo di suolo, che è cresciuto di 120mila ettari tra 2006 e 2022. “Nell’ultimo anno, il consumo di suolo netto registrato in Italia è stato in media, oltre 21 ettari al giorno pari a 2,4 m2 al secondo. Un incremento che allontana ancora di più dall’obiettivo di azzeramento del consumo netto di suolo, previsto dall’Ottavo Programma di Azione Ambientale, mostrando una preoccupante inversione di tendenza dopo i segnali di rallentamento registrati nel 2020”, spiega il rapporto.
Va male anche un altro indicatore, quello dei PM10. Sul valore limite giornaliero, “oltre al lontanissimo obiettivo di raggiungere i livelli raccomandati dall’OMS anche rispettare l’obiettivo previsto dalla normativa su tutto il territorio nazionale sembra piuttosto difficile: nel 2022 non è stato rispettato nel 20% dei casi”, avverte il SNPA.
Il turismo continua a incidere in modo significativo sul totale dei rifiuti urbani, e lo fa con un andamento altalenante: segno che le politiche in merito non sono abbastanza incisive. L’Italia va poi in direzione completamente sbagliata sui rifiuti speciali: invece di ridurli, li sta aumentando. Sono 165 milioni di tonnellate nel 2021, pari a 98 tonnellate per 1 milione di euro di PIL (erano 80 t per 1 mln di euro nel 2010).