(Rinnovabili.it) – Servono strumenti più affidabili per calcolare lo spreco alimentare. È quel che auspica il World Resources Institute, che ha diffuso alcuni dati ieri, per la giornata mondiale del cibo. L’evento era promosso dalla Fao, e volto ad accrescere la consapevolezza riguardo alla fame nel mondo. Un modo di ridurre le dimensioni del problema è affrontare il tema dello spreco di cibo, per limitare anche l’impatto del settore agroalimentare sull’ambiente. Nel mondo tale spreco ha luogo a tutti i livelli della catena. Circa il 24% delle calorie alimentari prodotte per l’uso umano vengono dilapidate nel tragitto dall’azienda agricola al piatto, e negli Stati Uniti la percentuale è anche maggiore. Ma il modo in cui tutto ciò avviene, varia molto a seconda di dove ci si trovi. Lo si nota osservando la mappa disegnata dal World Resources Institute.
In Europa, Nord America e Oceania più di metà dello spreco alimentare avviene nella fase finale, quella del consumo. In pratica siamo tanto spreconi da non finire mai quel che abbiamo nel piatto, e regalarlo alla spazzatura. Ciò significa che aumentare la consapevolezza dei consumatori può essere la chiave per ridurre queste percentuali così imbarazzanti. La fotografia è ben diversa se prendiamo in esame invece l’Africa subsahariana, l’Asia del Sud e del Sud-Est, la gran parte dello spreco di accumula più a monte nella catena alimentare. Secondo un’inchiesta del National Geographic, una quantità fra il 10 e il 20% del grano, in Africa, viene rovinato dalla muffa, dai ratti o dagli insetti.
Il World Resources Institute sta lavorando a un sistema che permetta di misurare con maggior precisione lo spreco alimentare, che ci si aspetta verrà presentato il prossimo anno. Questo perché, secondo i ricercatori, «ciò che si può misurare si può controllare. Come fa una compagnia o uno Stato a tagliare i suoi sprechi se non ha i mezzi corretti per quantificarli?».